CUBA, AFRICA e USA: andirivieni afrocubano

Che le compilation, in generale, non soddisfino i palati dei cultori, lo abbiamo detto e ripetuto più volte. Ma, come sempre, ci sono le eccezioni alla regola, come quelle afro-latine che nel corso di questi mesi vi abbiamo proposto e che, stando a segnalazioni ricevute, dimostrano condivisione di giudizio da parte dei lettori.Tra queste compilation spiccano quelle curate da Putumayo World Music su latin jazz e musiche caraibiche e, non per nulla, Cuba (Putumayo,1999) è stato l’album migliore e il più venduto tra tutte le produzioni della casa discografica newyorchese. A chi fosse sfuggito tale disco, in breve diciamo che sono 10 brani estremamente frizzanti, dispensano son, guaracha, guajira, danzón-cha e descarga, e su tutti svettano Campiña, Boliviana, Mami me Gustó e, tra gli interpreti, Afrocuban Jazz Project (diretto da Maraca), Irakere, Todos Estrellas (canta Pedrito Calvo) e Orquesta Sublime. Album corredato di libretto, grafica elegante, informazioni storico-musicali essenziali (in spagnolo e inglese), note su gruppi e tracce (glissanti, ahinoi! sugli artefici dei solo, unico neo di questa raccolta), credits dei dischi originali e un glossarietto, veramente piccino. Caratteristiche che sono presenti, più o meno, anche nella miscela potente di Congo to Cuba (Putumayo, 2002), altra compilation che appena comincia a girare sul cd/player si dimostra di dirompente vitalità con un sound travolgente e appiccicoso che non ti molla per un secondo. Feeling simile a quello del disco appena descritto, ma con l’aggiunta di venature africane. Le note riportate nell’album precisano che “tra Africa e Cuba ci sono migliaia di chilometri di mare, ma sulle due sponde dell’Atlantico i suoi popoli condividono profondi vincoli culturali. E questa relazione si evidenzia soprattutto nella musica. Negli anni Cinquanta e Sessanta la musica cubana aveva influenzato tutta l’Africa, gruppi cubani come l’Orquesta Aragón, allo stesso modo di pionieri della salsa newyorchese come Johnny Pacheco e quelli della Fania All Stars, intrapresero negli anni Settanta numerose tournèe nel continente Nero e furono ricevuti come fratelli che ritornavano a casa dopo lunghi anni di separazione”. Da quel momento gli africani incominciarono a viaggiare all’Avana e a New York per registrare con musicisti e produttori locali, nacque un profondo interscambio portando in scena artisti come Laba Sosseh, del Gambia, che incise con l’orchestra Aragón e dischi leggendari con la SAR, etichetta di New York che ebbe enorme successo con la musica cubana in Africa. Sosseh – per un po’ di tempo fece perdere le sue tracce poi risorse come cantante del gruppo Africando a metà dei Settanta – lo potete ascoltare nella traccia n.7, Son Soneate. Dal titolo, facile indovinare che stile suona. E’ lo stesso genere che la congolese Thsala Muana esplora e unisce al sensualissimo ritmo mutuashi, da cui scaturisce Lekela Muadi (prodotto da Boncana Maïga- direttore musicale di Africando), il mio brano preferito dell’album, una salsa del tutto speciale che mischia son montuno, sound congolese con accenti e timbriche newyorchesi negli arrangiamenti dei fiati. Una piccola bomba transculturale. L’Africa Occidentale – identificata nel titolo come Congo per significare lo stile sonoro adottato dai musicisti di questo versante influenzati da Arsenio Rodríguez – canta in questo cd anche con le voci di Mama Sissoko e Mama Keita della Guinea, Gnonnas Pedro (Benin), Balla Tounkara (Mali), Pape Fall (Senegal). Il controcanto afrocubano arriva dall’altra parte dell’Oceano, attraverso alcune significative produzioni SAR di Chico Alvarez, Alfredo Valdés (cantante del Septeto Ignacio Piñeiro negli anni Trenta, è scomparso nel 1988) e Chocolate Armenteros, che – è il caso di dirlo – troviamo piacevolmente in tutte le salse e del cui valore artistico non si discute. Merita una segnalazione Igualita Que Tu interpretato da Monte Adentro, una formazione che ebbe vita breve, che qui annovera Andy Gonzalez al basso, Paquito Pastor al piano, ‘Cachete’ Maldonado alle congas, le voci del cubano Miguel Quintana e quella peruviana dallo stile nasale di Melcochita; nella solida sezione delle trombe si staglia l’infuocato Hector ‘Bomberito’ Zarzuela, virtuoso dello strumento che brillò in numerosi dischi di salsa negli anni Ottanta, e come ospite di questa sessione – sfortunatamente fu anche l’ultimo suo assolo inciso prima di morire nel 1977 – il sassofonista nigeriano Dexter Johnson, una sommità della salsa africana.

Per concludere. Un disco che omaggia la musica cubana, la sua reinterpretazione in varie lingue con artisti e anche con strumenti africani. Infatti, ad esempio, qua e là dalle corde della Kora (arpa-liuto, strumento dei Griots, cantastorie africani) sgorgano arpeggi e armonie che si intrecciano alle melodie afrocubane. Congo to Cuba è un valido album da ascoltare, ma anche per muoversi in una festa allegra in famiglia, ballando. In fondo, i ritmi e le canzoni dei due dischi qui segnalati servono – in gran parte – anche a questo. Meglio ancora se accompagnati da drink esotici e un po’ di amici.

Gian Franco Grilli

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