E’ POSSIBILE BALLARE CON LO STILE CHE PIU’ SENTIAMO NOSTRO SIA LA MUSICA CUBANA CHE QUELLA PORTORICANA?

In Italia, purtroppo, la musica viene sempre dopo il ballo. Un ballo che si
apprende generalmente in una scuola, al punto che sono le stesse scuole a
condizionare, molto spesso, i loro allievi inculcando loro idee sbagliate. tipo
che ci sia un musica da ballare “in linea” e una musica da ballare “in cerchio”
o in “rueda”.
Si tratta di una distorsione della realtà, figlia o di ignoranza o di interessi
commerciali da parte degli stessi operatori del settore, che arrivano persino a
gridare allo scandalo quando qualcuno balla un brano cubano magari con lo stile
portoricano o viceversa.
Eppure salsa e timba, pur essendo delle forme musicali con caratteristiche
proprie, hanno tantissimi punti in comune, al punto che la clave è la stessa, il
tumbao delle congas è lo stesso, gli strumenti sono più o meno quelli, per cui
non si capisce tutta questa difficoltà ad interpretare un tipo di musica che ha
in comune una forte radice sonera e guarachera (senza dimenticare il
fondamentale contributo del mambo).
Basta poi valicare i confini italici per rendersi conto che tutte queste lotte
di religione tra i diversi stili di ballo non esistono.
I cubani, ad esempio, ballano volentieri sulle note della musica portoricana (al
punto che Marc Anthony è uno dei loro idoli) e che i portoricani adorano
cimentarsi con i ritmi cubani (al punto che Los Van Van, quando vanno
nell’isla del encanto, fanno sempre il tutto esaurito).
A mettere in crisi gli assertori di queste divisioni ci pensano poi gli stessi
musicisti cubani e portoricani che incominciano a collaborare tra di loro
sfornando dei prodotti musicali molto interessanti.
Negli anni ‘70 aveva cominciato la Tipica 73 che era andata Cuba per
registrare con i musicisti locali uno dei loro dischi più interessanti , Negli
anni ’90 invece, Eugenio Acosta, proprietario del mitico Coabey di San
Juan, produsse un doppio album De aqui pa allà! e De allà pa’
ca
, dove cantanti cubani cantavano alcuni brani portoricani e cantanti
portoricani cantavano alcuni brani cubani. Questi due dischi fecero da prologo
ad una tournée cubana alla quale oltre che al mitico percussionista Roberto
Roena
parteciparono anche Los Jala Jala dancers che si trasformarono
così nel primo gruppo portoricano a ballare a Cuba.
Più recentemente è stato il portoricano Gilberto Santa Rosa ad accettare
l’invito dell’Orquesta Revé a cantare uno dei classici del loro
repertorio Muevete pa aqui! .
Adesso arriva molto atteso il nuovo disco di Isidro Infante intitolato
Cuba y Puerto Rico. Un Abrazo Musical Salsero. Si tratta anche
questo di un doppio progetto molto simile a quello già prodotto da Genio Acosta
ma con un repertorio ed un cast artistico completamente diverso.
Nel primo disco di questo progetto, oggi già in circolazione, troviamo brani
storici come No vale la pena; Dejame sonar, Celia y Tito ,
Salsa y control, Fuego a la jicotea, La vida es un carnaval
.
Come balleranno questi brani coloro che vogliono convincerci che esiste una
musica per ballare cubano ed uno per ballare portoricano? Sarei proprio curioso
di vederli!
In realtà sarebbe giusto precisare che la corretta interpretazione di un brano
non è determinata dalle figure o dalle geometrie di ballo che si utilizzano, ma
dalla interpretazione del suo andamento ritmico.
Per interpretare al meglio un brano dovremmo essere in grado di distinguere:
1) L’introduzione di un brano (che potrebbe prevedere una parte di rumba o di
bomba).
2) Il “cuerpo”, ovvero la parte più sonera o guarachera (in cui si espone la
parte lirica del brano).
3) Il montuno (nel quale cantante e coro cominciano a dialogare, mentre entra la
campana ed il ritmo diventa più serrato).
4) La parte del mambo (dove gli strumenti a fiato eseguono il loro “special”,
comunemente detto anche “moña”).
5) La parte della descarga (nella quale i diversi strumenti eseguono i loro
assoli).
6) La parte più strettamente timbera (dove ci possono essere dei veri e propri
cambi di ritmo).

Ricordiamoci però che il ballo è un mezzo che ci dà la possibilità di comunicare
con gli altri. Possiamo farlo attraverso un linguaggio semplice, oppure
attraverso un linguaggio forbito o colorito. Starà a noi scegliere il mezzo che
più si adegua alle nostre corde o al nostro modo di essere. Starà a noi
scegliere se essere dinamici o eleganti, sabrosi o impettiti, seri o allegri,
curvi o dritti, sensuali o aggressivi. Però, perché limitarsi in partenza?
Perché creare delle barriere di accesso, degli ostacoli, come se ci trovassimo
di fronte a delle forme musicali e a degli stili di ballo completamente in
antitesi?

Enzo Conte

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