La Zurda
Para Viajar
Pirca Record – Universal, 2007
Cominciamo dal nome del gruppo: La Zurda, che significa la sinistra, la parte del cuore, quella del sentimento e della passione. Arrivano dall’Argentina ma le loro radici sono italiane. Emanuel, Juan e Leonel sono il perno fisso de La Zurda, band in carriera da dieci anni e che ora lancia il secondo progetto discografico con la Pirca Records. L’album d’esordio avvenne con l’etichetta dell’Universal/Surco Records con il titolo ‘La Zurda’, una produzione del musicista, compositore e talent scout Gustavo Santaolalla (produttore anche di Juanes).
Para Viajar è un percorso sonoro che parte dalle tradizioni argentine, sonda quelle sudamericane confinanti e approda, dopo lungo navigare, nella modernità dell’Occidente. Infatti, pur essendo cresciuti tra tango, milonga e chacareras, la cifra stilistica de La Zurda è influenzata primariamente dalla scena rock internazionale, ma anche dagli argentini Atahualpa Yupanqui, Fito Paez, Los Fabulosos Cadillacs, in qualche modo si ricollega ai colombiani Carlos Vives (quello di Rock De Mi pueblo) e al già citato Juanes (quello di Mala Gente) sino al guru messicano Carlos Santana. Ma volendo i richiami potrebbero andare oltre, ai Clash a Manu Chao ecc. e allora, esagerando, potremmo dire musica senza frontiere.
Al mio orecchio non troppo abituato a questi sound, risulta un disco in bilico tra etno, rock, hip hop latino e reggae, con qualche sapore italico di troppo – respirato nei vari soggiorni del gruppo lungo lo Stivale – tanto da scivolare in canzoncine scontate, come succede in Me Piacce Tanto o la twisteggiante Sin Luz. Nel complesso si tratta di una buona ‘miscela stilistica’ diluita con abilità in tutta la produzione e magicamente nell’ambito dello stesso brano, passando da melodie dolcificate a sound aggressivi fino al martellante e costante ritmo da “tutti in pista”. Ad un primo ascolto, le tracce adrenaliche preferite risultanoHay Un Lugar, Chan Chan (non quello di Compay Segundo), Que Nos Alcance; quelle capaci di maggiore carica emotiva, la title-track Para Viajar – un canto tropicale contrappuntato dell’acordeón su ritmo latino- poi Los Ultimos una sorta di reggae-countryrock, e la più autentica: La Casita Del Hornero, un tripudio di sonorità andine. Il risultato di tutto questo percorso è un dialogo musicale libero e sanguigno che si svolge tra tradizione e modernità sia negli stili (tango, chacareras, hip hop) che nella strumentazione (charango andino, cajón peruviano, chitarra elettrica, tromba, congas e batteria).
Un disco ricco di suoni, modellati in corso d’opera a tempo di rock, reggae o in ballate latinpop. Unico neo: aver trascurato il ritmo afrolatino. Forse una scelta estetica di campo, più british e meno blackspanish? Una leggerezza? Chissà. Comunque sia, la nuova iniziativa discografica del gruppo arriva con tutti i requisiti giusti (anche i testi delle canzoni stampate nel booklet, cosa intelligente che contraddistingue spesso le produzioni latine) per conquistare il pubblico: un album leggero, piacevole, ritornelli orecchiabili, ballabile, con testi intimistici, dove fanno capolino anche critiche ‘storiche’ (colonizzazione), aspirazioni e speranze per i latinoamericani. Ma tutto calato dentro l’originale atmosfera patchankera de La Zurda, sempre diversa, giovanile, divertente, coinvolgente e travolgente.
Elenco brani: 1.hay un lugar – 2.huaynot – 3.chan chan – 4.para viajar – 5.ensueños – 6.hablo de luz -7. los últimos – 8.despacito – 9. que nos alcance – 10. sin luz – 11. me piacce tanto – 12. la casita del hornero. Durata totale: 42 minuti.
GianFranco Grilli
Lascia un commento