Uno dei grandi protagonisti della nuova canzone latinoamericana, fondatore
del Movimiento Nueva Trova cubana, dopo l’inizio ‘ribelle’ oggi parla delle
donne e dei conflitti dell’amore.
Gian Franco Grilli ha intervistato il cantautore e ne traccia il profilo
storico-artistico per i lettori di SALSA.IT
Compositore, chitarrista, poeta e cantante dalla vocalità inimitabile, sulla
scena dalla fine degli anni sessanta, una quarantina di album e autore di circa
200 canzoni interpretate da artisti internazionali, Pablo Milanès Arias,
una della due figure più importanti della Nueva Trova continua ad affascinare
privilegiando il tema dell’amore. Recentemente ha presentato l’ultimo cd
“Como un campo de maìz”, ma dentro i cuori dei fans restano soprattutto
pezzi antologici come La vida no vale nada, Para Vivir, Yolanda e El breve
espacio en que no està, capolavori di questo indiscusso leader cubano del
Movimiento Nueva Trova (MNT). Un artista che, nonostante lo straordinario
pedigree sopra descritto e il Premio Tenco 1994 come miglior cantante straniero,
resta, imperdonabilmente, quasi sconosciuto nella terra del Belcanto.
La Nueva Trova, ieri e oggi.
Questo movimento, fondato ufficialmente nel 1972 nella città cubana di
Manzanillo, è un fenomeno culturale spontaneo (composto ora da professionisti e
dilettanti) che si manifestò per la prima volta nel ’67 nell’isola cubana, el
primer territorio libre de America Latina, dove giovani artisti, tra cui
Silvio Rodriguez, Noel Nicola, Vicente Feliù, Martin Rojas, il nostro Pablo e
altri, decisero di unire voci e chitarre per tramandare e rinnovare lo spirito
dei trovatori, dentro il processo rivoluzionario e nel solco della canzone di
protesta internazionale. Erano gli anni della guerra del Vietnam, delle lotte
studentesche in Europa; erano in atto feroci dittature in America Latina dove
gli autori della Canciòn Protesta latinoamericana non potevano cantare
liberamente e rischiavano pestaggi e torture. Pensiamo alla morte orrenda del
cantante Victor Jara in Cile, poco più di trentanni fa.
Dopo anni di gloria, il movimento della Nueva Trova si è via via
offuscato e di quel progetto ideale si sono sbiadite le tracce per vari motivi,
tra cui la necessità per Cuba di aprire nuove strade ai gruppo di musica
ballabile.
Finalmente, con mia grande gioia, alcune settimane fa è arrivata l’occasione di
una conferenza stampa, cortissima per la verità, che mi ha permesso di costatare
che Pablo Milanés imbraccia ancora la chitarra, compagna inseparabile di
tutti i trovatori, e continua ad essere uno dei grandi autori della prima
generazione della Nueva Trova. Ma ecco il succo scaturito dall’incontro,
con qualche richiamo a due testi classici, da cui si vede il percorso artistico
di Pablito, iniziato dentro il son tradizionale e arrivando all’apice della
notorietà internazionale cantando le rivoluzionarie “Cuba Va!” , “Si el poeta
eres tu” (dedicata al Che) o “Yo pisarè las calles nuevamente” (in
memoria dei morti cileni torturati da Pinochet).
La prima domanda va dritto al periodo ribelle per sapere oggi cosa ne pensa e se
condivide ancora, a quarantanni di distanza, la dichiarazione di Silvio
Rodriguez secondo cui “la chitarra doveva essere come una pistola e la canzone
come un proiettile”.
Milanés risponde: “No, io credo alla canzone come un arma per sognare, un’arma
spirituale. Le parole di Silvio avevano un senso metaforico e sono certo che
anche lui è convinto di questo, perché è comprovato, oramai, che sono altre le
cose che modificano la realtà della vita e la storia”. In accordo, diciamo noi,
con le profetiche parole di Francesco Guccini che più o meno cantava “a canzoni
non si fanno rivoluzioni”.
L’attualità di Pablo esce quando tocca l’amore, il suo tema preferito, per
rispondere alla domanda su Yolanda, titolo della canzone che, secondo un
concorso tra i lettori della Revista Salsa Cubana, è la più bella
composizione cubana del Ventesimo secolo. Pablito svela a molti un piccolo
segreto: “Yolanda esiste veramente, è la donna del mio secondo matrimonio, madre
delle mie prime tre figlie, e, anche se siamo separati da vari anni, la
considero una vera amica, una straordinaria donna che merita gli onori di questi
versi” che attaccano così
“Esto no puede ser no màs que una canciòn (questo non può essere altro
che una canzone)
Quisiera fuera una declaracion de amor …(vorrei che fosse una
dichiarazione d’amore).
Poi Milanés conferma che dopo Yolanda si può parlare di una nuova
traiettoria della sua canzone trovadorica rispetto ai principi ispiratori
dell’impegno e dice “fu un errore definirci cantanti politico-sociali e basta.
Noi coltiviamo la causa dell’amore da sempre, come altre tematiche, trattando di
fare una nuova poesia includendo tutti gli argomenti: la quotidianità, le
esperienze dell’amore, ecc. Io ho sempre cantato amori non facili, i conflitti
nella coppia, le relazioni complesse, un tema che sviluppo tuttora. Unica
eccezione, come dicevo prima, è stata Yolanda, un amore felice”.
In effetti una conferma dei conflitti amorosi si rintraccia nel grande successo
“El breve espacio en que no està” (il breve spazio della sua assenza), un
tema che divise il pubblico, tra entusiasmo e condanna, per il testo
trasgressivo e anti-machista in una Cuba socialista e progressista. Ma dove il
macho è ancora inossidabile e l’hombre cubano non vuole condividere una donna
con altri. Ecco cosa cantava Pablo tentando di modificare la concezione
dell’amore:
La prefiero compartida (preferisco doverla condividere)
Antes que vaciar mi vida, (piuttosto che svuotare la vita)
no es perfecta mas se acerca, (non è perfetta ma s’ avvicina)
a lo que yo simplemente soñè“ (a quel che semplicemente ho sognato).
Ci si può dividere sul contenuto, ma la bellezza della melodia accomuna.
Quando Pablo viene sollecitato a fornirci una lettura della sua odierna
concezione della vita, sembrano librarsi alte le note e i versi di “Años”,
altro caposaldo della sua produzione, lungimirante iniziativa che puntò al
recupero di artisti popolari dimenticati, come l’albino Luis Peña o lo
stesso Francisco Repilado ‘Compay Segundo’, prima ancora dell’esplosione
di Buena Vista Social Club. “Los Años, gli anni, – continua Pablo – danno
la saggezza; ti permettono di vedere le cose in altra maniera, senza per questo
cambiare i tuoi principi ispiratori. Il senso della vita resta lo stesso, ma il
modo espressivo si modifica a seguito dell’acquisizione fatta nel tempo di una
somma di fatti e di parole”. In un certo senso, è un ritorno alle sue naturali
inclinazioni per la Trova tradicional, per il Bolero e il
Feeling-jazz, l’epoca che frequentava i maestri Cesar Portillo de La Luz
(1922) e Josè Antonio Mèndez (1927-1989), autori di composizioni immortali di
musica cubana. Da quegli insegnamenti Milanés ha saputo rinnovare dentro la
Nueva Trova. Un mix di poesia con son, guaracha, habanera, changüi, o
con altre sonorità caraibiche. Ad esempio “Amo esta Isla”, canzone del
1980 che parla di migliaia di cubani che se ne andarono dall’isola, musicalmente
parlando potrebbe considerarsi anche un canto alla cultura afrocaraibica.
Come anche Son de Cuba a Portorico, Canción por la unidad latinoamericana.
Cultura del ritmo caraibico presente anche in De qué callada manera, perché
bisogna tener conto che il cuore non mente. Milanés, infatti, nasce nel 1943 a
Bayamo, una delle città più caraibiche di Cuba, dove nel 1851 fu composto l’inno
nazionale cubano “La Bayamesa”, prendendo spunto da una canzone d’amore.
E di Bayamo ne sa qualcosa anche il salsero Adalberto Alvarez con il mitico
gruppo Son 14 quando ‘trascinavano’ la gente ballando sulle note di A Bayamo
en coche. Fantastica musica, ma questa è un’altra pagina che affronteremo in
altra ocasione.
Tornando a Pablo, l’intervista si conclude su Bob Dylan, Steve Wonder, Sting ed
altri musicisti che avrebbero dovuto duettare con lui per una nuova produzione,
ma che, per motivi di salute di Pablo, non si è potuto realizzare e non si farà.
Tanto per orientare il lettore, ci si sta riferendo al periodo del disco Pablo
Querido. Una chicca, questa, da non perdere perché canta assieme a numerosi
artisti internazionali. Dopo una introduzione recitata di Gabriel Garcia Marquez,
ecco gli interpreti che duettano con Pablo: i brasiliani Caetano Veloso, Gal
Costa e Milton Nascimiento, i cileni Illapu, la venezuelana Soledad Bravo, il
yucateco Armando Manzanero, gli argentini Fito Paez e Alberto Cortez, il gruppo
messicano Manà, ecc. Sulla stessa linea, ovvero l’amore degli amici per l’amico,
c’è anche il bel disco registrato nel 1985 con il titolo Querido Pablo. Qui i
duetti invece sono con i catalani Joan Manuel Serrat e la moglie Ana Belen, l’asturiano
Victor Manuel, l’argentina Mercedes Sosa, il brasiliano Chico Barque. Si
potrebbe dire che todo el mundo canta Pablo.
Spero di essere riuscito a delinearvi il profilo artistico e umano di Pablo.
Avrei voluto completarlo con altri dati sul Movimento della Nueva Trova,
ma non c’è stato il tempo. Alla prossima per sapere: chi oggi guida la seconda
generazione della Nueva Trova; cosa ne pensa del trovador-guarachero Pedro Luis
Ferrer, del rockero Carlos Varela (nato nel 1963, dentro la revolución e
quindi senza il background esperenziale prerivoluzionario di Pablo e Silvio) che
sparava con chitarra e voce testi critici a destra e a manca, contro gli yanquee
per il bloqueo che colpisce el pueblo inocente, ma anche contro i burocrati
cubani, canzoni sulla corruzione e le contraddizioni del suo paese (interessante
il brano Guglielmo Tell, che intona “…non ha capito suo figlio che un giorno
si è stufato di tenere la mela sulla testa”). Insomma, soddisfare le
curiosità insaziabili di chi ama tutta la musica cubana.
Intanto, cari amici salseri, grazie per aver pazientato fin qui, e permettetemi
un suggerimento: ascoltate le parole cantate di Pablo Milanés, perché, anche se
non è salsa, qua o là, pulsano lievemente ritmi cubani come son, montuno,
guajira e bolero abbracciati alle emozioni e ai sentimenti che Pablito ci
regala. E nel fenomeno salsa può starci anche questo.
Gian Franco Grilli
(gianfranco.grilli@tin.it)
Gian Franco Grilli
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