Nella seconda metà degli anni 70 la Discomusic è stato il fenomeno musicale più di successo. Tutto partì dagli States, ma non ci volle molto perché questo movimento facesse breccia anche dalle altri parti del mondo. A distanza di pochissimi mesi dall’uscita dei primi brani disco in America, anche l’Europa iniziava a interessarsi al nuovo genere, lanciando artisti e componendo nuove canzoni. Si può tranquillamente affermare che la culla della Discomusic europea sia stata la Germania: da Monaco di Baviera, infatti, sono partite le prime produzioni, che si differenziavano da quelle americane per un forte uso dei sintetizzatori e degli strumenti elettronici. I suoi primi esponenti venivano quasi tutti dal nuovo continente, ma presto si cominciò a valorizzare anche cantanti e gruppi del posto. In questo numero faremo conoscenza dei fondatori della Discomusic europea, il paroliere inglese Pete Bellotte ed il musicista e produttore italiano Giorgio Moroder, che dalla Germania innescarono la scintilla del nuovo genere in tutto il vecchio continente, e ripercorreremo la carriera dei loro artisti di punta, tra i quali la più grande è stata sicuramente Donna Summer. A causa dell’orientamento preso dagli Europei nella direzione della musica elettronica risulta più difficile, rispetto alla disco americana, trovare elementi di contaminazione musicale con la musica latina, ma non impossibile: proprio dalla Germania provenivano quattro ragazzi di origine giamaicana che ebbero in quegli anni un successo di vendite e di popolarità secondo solo a quello degli svedesi Abba. Chiuderemo quindi la prima tappa del nostro “tour europeo” sulle inconfondibili note dei successi dei Boney M.
IL PADRE DELLA DISCOMUSIC IN EUROPA – Sarà perché ha quasi sempre lavorato all’estero, sarà per quel cognome poco “italiano”, ma sicuramente Giorgio Moroder è forse l’artista produttore italiano tra i meno considerati nel nostro panorama musicale; eppure il suo nome è internazionalmente conosciuto tra i più grandi, non solo per quanto riguarda la Discomusic, di cui è stato uno dei padri fondatori in Europa, ma anche per il suo apporto alla musica legata al cinema, per le sue collaborazioni con i più grandi artisti della musica leggera mondiale e quant’altro. Cerchiamo di colmare questa lacuna e rendergli il dovuto merito nella nostra rubrica. Hansjörg “Giorgio” Moroder muove i suoi primi passi nel mondo della musica leggera nella seconda metà degli Anni 60: col nome d’arte Giorgio incide qualche 45 giri per le etichette Miura e First e si fa notare nell’edizione del 1970 del Cantagiro con la canzone Luky Luky. Sin da questi suoi primi lavori si può notare la sua predilezione per gli strumenti elettronici,in particolar modo l’uso dei sintetizzatori, che il musicista altoatesino ha imparato a suonare da autodidatta. Quando scoppia la moda della Discomusic, ne vede un’opportunità per portare al successo le sue sperimentazioni sonore , che ben si sposano con le nuove ritmiche provenienti da oltreoceano. Fonda a Monaco di Baviera i Musicland Studios ed inizia la sua collaborazione con il paroliere inglese Pete Bellotte. In più, la Germania è già ben predisposta nei confronti dellla musica elettronica grazie alla presenza dei Kraftwerk, antesignani di questo nuovo genere. Nel giro di pochi anni gli studios diventano molto rinomati ed ospitano alcuni dei più grandi artisti di quel periodo: Electric Light Orchestra, Led Zeppelin, Queen, Elton John, tanto per fare alcuni nomi. Questo grazie al lavoro che Moroder ha fatto sia come cantante che come produttore. In veste di interprete piazza la sua prima grande hit nel 1977 in collaborazione con le Munich Machine, il titolo del brano è Get on the Funk Train (nei crediti appare come autore delle musiche,, insieme a Bellotte che ne ha scritto il testo), una perfetta sintesi tra le ritmiche funky e latine e le nuove sonorità elettroniche presenti già in dosi massicce. La prevalenza dei sintetizzatori la si nota ancor di più nel suo singolo successivo, From here to Eternity, oggi un classico della Disco europea, uscito sempre nel 1977 sul mercato con solo il suo nome di battesimo. Il suo terzo grande singolo di successo è tratto dalla colonna sonora del film Midnight Express, uscito nel 1978 e conosciuto in Italia col titolo di Fuga di Mezzanotte: si intitola The Chase e gli frutta oltre a un grande successo di vendite anche l’Oscar come miglior colonna sonora. La freschezza di questi tre singoli e le loro innovazioni sonore sono tali che vengono remixate ancor oggi dai deejays di tutto il mondo.
DALL’AMERICA ALLA GERMANIA: DONNA SUMMER E ROBERTA KELLY – Contemporaneamente alla propria carriera, Moroder segue e lancia in qualità di produttore anche quella di altri artisti. In questa veste la sua più grande intuizione è stata quella di scoprire Donna Summer, portandola ad una popolarità tale da farle acquisire il meritato soprannome di “Queen of Disco”. LaDonna Adrian Gaines nasce a Boston ed inizia la sua carriera come cantante di Gospel e Rythm & Blues; all’età di vent’anni si trasferisce in Germania, dove si fa notare interpretando la versione tedesca del musical Hair. Si sposa con Helmut Sommer, che conosce a Monaco di Baviera, e traducendone il cognome in inglese s’inventa il suo nome d’arte, Donna Summer.
Nel 1974 conosce Giorgio Moroder e da questo primo incontro nasce la loro prima collaborazione con l’album Lady of the Night, da cui viene tratto il singolo di successo The Hostage, un brano ancora nel solco del funky e dell’R’n’B tradizionale. L’anno successivo arriva il long playing della svolta, pubblicato dalla Casablanca Records, ideato e composto dal duo Moroder-Bellotte, Love to Love You Baby. La title track dell’album è lunga 17 minuti, a dimostrare che l’artista predilige di più la realizzazione di lavori di più ampio respiro, piuttosto che la pubblicazione di molti singoli; questo suo modo di intendere la Discomuic diventerà un modello per molti altri gruppi e cantanti, specie in Europa. Love to Love You Baby rispetta moltissimo al tradizione funky e si contraddistingue per il risalto che viene dato alla chitarra elettrica, cui vengono abbinati effetti molto efficaci. La canzone diventa subito una hit in Europa e sfonda anche in America; sull’onda di questo successo vengono pubblicati ancora un paio di lavori che però non bissano il consenso del precedente, ma nel 1977 Moroder e Bellotte sfornano un altro lavoro destinato a fare epoca nella storia della Disco: l’abum I Remember Yesterday, infatti, riporta Donna Summer alla vetta delle classifiche ed il suo singolo I Feel Love sarà quello che più di ogni altro influenzerà in futuro sia la Disco che la musica elettronica e la techno.
Anche il 1978 è un’annata da ricordare per l’artista statunitense e per i suoi produttori: il concept album Once Upon a Time, basato sulla favola di Cenerentola e l’altro Lp Live and More scalano le classifiche di tutt’Europa, mentre arriva l’Oscar come miglior canzone per Last Dance, tratta dal film Thank God it’s Friday, un brano che parte come ballad per poi scatenarsi in una sfrenata Disco della miglior tradizione a stelle e strisce. Nel 1979 arriva poi l’album di maggior successo, Bad Girls, nel quale la Summer si cimenta per la prima volta anche come autrice di qualche brano. Il singolo che ne viene tratto è Hot stuff, ritornato in auge nella seconda metà degli Anni 90 quando è stato usato proprio nella sua versione originale in una famosa scena del film Full Monty. L’anno successivo Donna Summer abbandona la Casablanca Records e firma per la Geffen Records; questa nuova label la costringe ad abbandonare il sodalizio con Moroder e Bellotte e a mettersi sotto l’ala protettiva di un altro grande produttore, Quincy Jones. La sua carriera prosegue sempre all’insegna del successo, tanto da farla diventare una delle poche artiste ad eccellere non solo nella Disco, ma anche il altri generi, per i quali riceve anche dei Grammy Awards. Nel 2004 è la prima star, insieme ai Bee Gees e a Barry White, ad entrare nella Dance Music Hall of Fame, dopo aver venduto oltre cento milioni di copie di dischi in tutto il mondo (tra questi 24 sono diventati d’oro o di platino negli USA, 19 sono diventati dischi d’argento nel Regno Unito).
Roberta Kelly è l’altra cantante americana prodotta dalla premiata ditta Moroder-Bellotte, i quali iniziano ad occuparsi di lei producendole nel 1974 e nel 1976 gli album Kung fu is Back Again e Trouble Maker. Il suo grande successo arriva nel 1977 con Zodiac Lady,da cui viene estratto il singolo Zodiac che spopola i tutto il mondo, in particolar modo da noi in Italia; la melodia di questa canzone è molto accattivante ed è irrobustita dall’inserimento degli archi nella migliore tradizione “Tsop”. L’anno successivo esce un nuovo album, Gettin the Spirit, in cui Moroder e Bellotte rivisitano in chiave Disco alcuni classici del Gospel, su tutti Oh Happy Day; questo lavoro però passa decisamente inosservato e la carriera solista della Kelly subisce una brusca frenata. Si ricicla così come corista in alcuni album di Donna Summer e Thelma Houston, incidendo poi di tanto i tanto qualche singolo, che però non riusciranno mai più a ripetere il successo di Zodiac.
LE ALTRE PRODUZIONI DI GIORGIO MORODER – Donna Sumer e Roberta Kelly sono state seguite in prima persona da Moroder, ma contemporaneamente alla loro carriera il produttore altoatesino collaborava anche con altri artisti europei e non, portando avanti il suo discorso improntato sulla musica elettronica. Uno degli esempi più lampanti è la realizzazione dell’album No, I’m in Haeven per il duo californiano degli Sparks: colpiti da I feel love i fratelli Mael lo contattano tramite un amico giornalista tedesco comune e decidono così di far compiere una svolta alla loro musica nella direzione dell’elettronica; il singolo tratto da No, I’m in Haeven, il celeberrimo Beat the Clock, rappresenta uno dei maggiori successi commerciali di questa band. Moroder realizza anche un brano elettronico per le Three Degrees, il gruppo che orbitava negli ambienti Disco di Philadelphia: The Runner. Le sue produzioni fanno sempre centro, tanto che la sua fama di Re Mida della Disco arriva ovunque e tutti i grandi vogliono collaborare con lui. Negli anni successivi sia star affermate come Elton John, David Bowie, Cher, Janet Jackson, Barbra Streisand, sia altri che vogliono sfondare nel mondo della musica, si rivolgono a lui, traendone sempre grandi benefici in termine di vendite e popolarità.
MORODER E IL CINEMA – Un discorso a parte, poi, meritano le sue collaborazioni con il mondo del cinema, sia in veste di autore di colonne sonore, che in quelle di compositore di canzoni per films, tante sono state e tanto il successo che hanno avuto. La sua prima esperienza in questo senso risale al 1968, nel film del regista italiano Piero Umiliani dal titolo Svezia, Inferno o Paradiso?. Qui Moroder canta un motivetto apparentemente stupido e senza senso, si chiama Máh-Ná-Máh-Ná, inizialmente lascia tutti quasi indifferenti, ma quando viene ripreso in un numero ormai storico del Muppet Show qualche anno dopo, diventa un autentico tormentone che ancora oggi piacevolmente ci perseguita.
Sul finire degli anni 70 arrivano gli Oscar per Fuga di Mezzanotte e Thanks God it’s Friday, di cui abbiamo precedentemente parlato. Gli Anni 80, poi, rappresentano l’apoteosi: arrivano altri due Oscar per aver composto le indimenticabili What a Feeling (da Flashdance, cantata da Irene Cara) e Take my Breath Away (da Top Gun, cantata dai Berlin), in più compone tutto lo score di Scarface, riportato di recente in auge anche dall’omonimo videogame, che l’ha ripreso tale e quale; restaura e rinnova con brani inediti la colonna sonora del classico di fantascienza Metropolis, scrive Call Me per American Gigolò (cantata dai Blondie) e The Never Ending Story per La Storia Infinita (cantata da Limahl), più altri films, tra i quali Electric Dreams. Tutte le canzoni che abbiamo citato hanno conosciuto la prima posizione in classifica quasi ovunque siano uscite!
LO SPORT E I RICONOSCIMENTI – Moroder viene anche invitato a comporre la musica per le Olimpiadi di Los Angeles nel 1984 e per i Giochi di Seul quattro anni più tardi. Per i Mondiali di calcio di Italia ‘90 scrive To Be Number One, che diventa Un’Estate Italiana nella versione interpretata da Edoardo Bennato e Gianna Nannini, che ne scrivono il testo nella nostra lingua. Oltre agli Oscar per le colonne sonore e per le canzoni e oltre a più di 150 dischi d’oro, Giorgio Moroder è stato insignito nel 2005 dal presidente Ciampi del titolo di Commendatore della Repubblica; nel 2010 gli è stato conferito il Grande Ordine del Merito della Provincia autonoma di Bolzano. Nel 2004 è entrato nella Dance Music Hall of Fame per i suoi meriti come produttore ed artista. Attualmente vive a Los Angeles con la moglie di origini messicane Francisca e con il figlio Alessandro.
ALTRE PRODUZIONI TEDESCHE – Una volta che Moroder ha tracciato il solco, dando i natali alla Disco europea partendo da Monaco di Baviera, i primi giovani produttori tedeschi hanno iniziato a seguirlo. Tra questi ricordiamo la coppia composta da Sylvester Levay e Michael Kunze, che si erano già distinti da qualche anno come autori di canzoni. I due formano un gruppo femminile, composto da tre ragazze tedesche che assumono nomi d’arte inglesi, e prendendolo dal diminutivo del nome di Levay, Silver, danno loro il nome di Silver Convention. Il loro primo approccio con la Disco avviene col singolo Save Me, con un impianto melodico caratterizzato dall’uso degli archi ed una ritmica molto ricca di congas latine. Questo gruppo poi ottiene un enorme successo, tanto in Europa quanto in Usa e Canada, con due singoli usciti nel 1975 e 1976: Get up and Boogie e Fly Robin Fly: i brani hanno una struttura molto simile: sono entrambi molto influenzati dal Sound of Philadelphia, che imperava in quegli anni, e dal punto di vista del testo sono composti entrambi da solamente sei parole: per il primo “Get up and boogie, that’s right!” (“Alzati e balla, così si fa!”), e “Fly robin fly up to the sky” (“Vola, pettirosso, vola, lassù in cielo”) per il secondo.
FRANK FARIAN E I BONEY M – Nel dicembre del 1974 il cantante e compositore Frank Farian (vero nome Franz Reuther), incide il brano Baby do you wanna Bump?; anche qui il testo è composto solamente dalle parole che formano il titolo ripetute più volte con voce molto profonda e alternata da cori in falsetto, anche questi ad opera di Farian stesso. Quando esce il disco si sceglie lo pseudonimo di Boney M, che deriva da una serie poliziesca australiana molto popolare allora in Germania, intitolata appunto Boney. Il disco stenta a decollare, ma dopo qualche mese ottiene un buon successo in Germania, Olanda e Belgio. Da qui arriva la decisione di Farian di assumere dei performers per i passaggi del brano negli show televisivi. Si rivolge all’agenzia di Katja Wolfe, che gli passa alcune modelle provenienti dalla Giamaica e dalle Indie Occidentali con aspirazioni nel mondo del canto: dopo qualche cambiamento si arriverà alla definitiva line-up composta da Liz Mitchell, Maizie Williams, Marcia Barrett e dal ballerino Bobby Farrell. Proprio l’estrazione caraibica di questi ragazzi fa sì che Farian dia un’impronta ben definita allo stile musicale del nuovo gruppo: la Disco dei Boney M è forse quella che sintetizza maggiormente dal punto di vista musicale tutte le contaminazioni che abbiamo visto sino ad ora: troviamo le ritmiche tipiche della disco newyorchese, gli archi del Sound of Philadelphia, strumenti caraibici e atmosfere gioiose del Miami sound, nonché chiari riferimenti alla musica giamaicana, aggiungendo anche la parte elettronica peculiare proprio dell’Europa. A rendere inconfondibile lo stile del gruppo, poi, era la voce profonda di Farian: tutti gli album in studio sono stati incisi da lui, con i cori fatti dalla Mitchell e dalla Barrett, mentre gi altri due componenti si limitavano al palyback. Solo in seguito Farrell inizierà a cantare qualche brano nei concerti dal vivo.
LA STAGIONE D’ORO DEI BONEY M – Nel 1976 esce il loro primo album, Take the Heat off Me, lo promozionano ovunque, dalla discoteche fino alle fiere, ma il successo è modesto fino a quando non vengono invitati nel settembre di quell’anno al programma televisivo Musikladen, ideato e prodotto da Mike Leckebusch. Alla loro prima apparizione eseguono Daddy Cool, che nel giro di pochi giorni diventa una hit, bissata poco dopo da Sunny, cover della canzone del 1966 di Bobby Hebb, che diventa numero 1 in quasi tutta Europa. L’anno successivo esce Love for Sale, da cui vengono tratti altri due singoli che raggiungono il vertice di molte classifiche del vecchio continente: parliamo di Ma’Baker e Belfast. Il 1978 è il loro anno d’oro: pubblicano il loro album di maggior successo, Nightflight to Venus: il primo 45 giri che ne viene tratto porta al successo sia il brano principale che quello del lato B; entrambe le canzoni vengono dalla Giamaica: la prima, Rivers of Babylon, è una cover del gruppo giamaicano dei Melodians, scritta nel 1970, il cui testo è tratto dal Salmo 137 della Bibbia (parla dell’esilio del popolo ebraico a Babilonia dopo la conquista di Gerusalemme); la seconda, Brown Girl in the Ring, deriva da un gioco popolare nell’isola caraibica: i bambini si dispongono in cerchio tenendosi per mano e mandano una bambina nel mezzo, al grido di “Show me your motion” (“Mostrami la tua mossa”), la bambina inventa un passo di danza o un movimento che tutti gli altri devono imitare. L’altro grande singolo di successo è Rasputin, che racconta in stile Boney M le vicende della figura storica del mistico russo, consigliere della zarina Alessandra. Alla fine di quest’annata magica pubblicano Mary Boy Child/Oh My Lord (cover di Harry Belafonte), un 45 giri natalizio che in Inghilterra raggiunge la prima posizione in classifica. La loro tournee è trionfale e li vede esibirsi in Unione Sovietica tra i primi provenienti dal mondo Occidentale (il primo in assoluto è stato Elton John). Qui sono accolti con tutti gli onori anche dalle autorità locali, anche se non possono eseguire Rasputin a causa del testo. Gli Anni 70 si chiudono con un altro lavoro di notevole successo, Oceans of Fantasy, da cui vengono tratti i singoli Hooray! Hooray! It’s a Holy-Holyday. e Gotta Go Home, la cui base verrà ripresa dal duo di dj americani Duck Sauce per il brano dnce Barbra Streisand.
FARRELL COME RASPUTIN – La loro carriera prosegue tra alti e bassi negli anni successivi, in cui pubblicano album e fanno concerti in tutto il mondo, a volte con la line-up originale, a volte cambiando alcuni componenti, con Farian che entra ed esce dai loro progetti a seconda dei suoi impegni. Tra i loro primati, oltre alle cento milioni di copie vendute, il secondo singolo di tutti i tempi nelle classifiche di vendita in Inghilterra per Rivers of Babylon e Brown Girl in the Ring. Proprio queste due canzoni sono state riprese dal maestro Vince Tempera per la realizzazione delle sigle di due cartoni animati molto popolari in Italia a cavallo tra glia Anni 70 ed 80: Anna dai capelli Rossi e Remy e le sue avventure. Sempre in Italia nel 2001 i popolari conduttori televisivi Paolo Bonolis e Luca Laurenti impazzano con il tormentone estivo Bucatini Disco-Dance, che altro non è che la parodia di Daddy cool. Nella notte tra il 29 ed il 30 Dicembre del 2010 Bobby Farrell muore all’età di 61 anni per insufficienza cardiaca nella camera di un Hotel: la sera prima aveva tenuto un concerto al termine del quale aveva avuto problemi respiratori. Curioso notare che il ballerino dei Boney M sia morto nella stessa città, San Pietroburgo, e nello stesso giorno (30 dicembre), in cui è stato assassinato il protagonista di una delle sue canzoni più famose, Grigori Rasputin.
2022: TORNA IN AUGE UNA COVER DEI BONEY’M – Nel 1983 il gruppo di Italo-disco Baby Gang incide il singolo Happy Song. L’anno successivo Frank Farian ne fa una cover che riporta i Boney’M in auge, dopo un periodo di appannamento coinciso con l’arrivo della nuova decade. I Boney’M e la Baby Gang uniscono le forze registrando anche il videoclip della canzone. Nel 2022 il dj e producer francese Kungs la riporta al successo con una ritmica più marcata, mantenendo intatti cori e ritornello, cambiando il titolo in Clap Your Hands.
E per finire, ecco la playlist Spotify con tutti i brani di cui vi abbiamo appena parlato: buon
ascolto!
A cura di: Mauro Gresolmi
Images and graphic work by: Francisco Rojos
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