Afreecanos

Questo Afreecanos è un’ulteriore conferma dello straordinario lavoro di ricerca di Omar Sosa. Il jazzista cubano, pianista virtuoso, da tempo indaga le radici culturali del continente africano per illustrare i legami ritmico-armonico-melodici esistenti tra la madre Africa e il Nuovo Mondo. Un’esplorazione importante e tenace che il camagueyano (oggi residente a Barcellona) ha fatto conoscere al pubblico con diverse produzioni, tra cui Promise(Skp, 2007) una sorta di preludio al nuovo progetto.

Afreecanos (Otá Records, 2008 – www.melodia.com /distr. Egea) ha coinvolto musicisti provenienti da paesi che in qualche modo sono vincolati al Continente Nero, e gli strumenti che sfilano lungo questo nuovo viaggio sonoro lasciano a bocca aperta per quantità, varietà, ma soprattutto per l’affascinante impasto di timbriche ancestrali e moderne, sonorità acustiche ed elettriche. L’album mette in evidenza le origini, i punti in comune fra le varie tradizioni: cubana, brasiliana, senegalese, guineana, maliana e mozambicana. “Il mio lavoro vuole dimostrare che siamo figli della stessa Madre – dichiara Sosa – e anche se siamo geograficamente separati, siamo vicini nell’essenza, nei concetti e nelle radici. Ho cercato di esprimere una piccola parte della faccia melodica dell’Africa e credo che attraverso il jazz sono stato in grado di combinare molteplici tradizioni attraverso un sound senza frontiere”. Ma queste magiche combinazioni sono influenzate dal mondo spirituale, dagli orishas, le divinità della santería cubana, religione creola a cui si ispira Omar. E fin dal primo brano, Prologo, si respira quest’atmosfera: un canto-preghiera in lingua yoruba su un fittissimo intreccio percussivo-melodico dominato dalla marimba. La seconda traccia, Ollú, ci introduce nel fantasioso mondo musicale che contraddistingue l’opera di Sosa attraverso un piano sempre in bilico tra tradizione e contemporaneità: note di chitarra blues e canto africano aprono lo scenario al jazz cubano, dove la tastiera funge da catalizzatore e stimolo per fiati e ritmica. Poi scorrono piacevolmente Nene La Kanou, cantato in lingua mandinga da Fanta Cissoko; Iyade, un inno alla figlia di Ochún – dea dell’amore e della femminilità – tema profondo, intimo dove piano, flauto e canto salgono in cattedra sottolineati da una cadenza ritmica che da lenta via via diventa avvolgente:meraviglioso. Stesso spirito e medesime sonorità troviamo in Babalada, dedicato al cubano Obatalá e al suo corrispondente brasiliano Oxalá del candomblé, e in Light in The Sky, dedicato a Yemayá, dea del mare e madre di tutti gli orishas. D’Son è jazz ben ancorato alla tradizione del danzón; funky jazz con echi africani per Tres Negros; interpretato in Wolof, la lingua senegalese, è invece la canzone Mon Yalala (Lui è Dio) dove risaltano strumenti della tradizione africana come balafon, ngon, kora, kalimba o sanza, che proiettano la nostra mente in una dimensione onirica. Alla realtà terrena ci riporta Tamborum, rumba cubana miscelata a jazz moderno, penultimo brano del disco che si chiude con Why Angá? toccante omaggio alla memoria del percussionista cubano Miguel Angel Diaz ‘Angà’ (scomparso nel 2006) e che collaborò a produzioni e tournèe di Omar Sosa.
Un disco brillante di jazz afrolatino o etnojazz (classificazioni che non trovano tutti d’accordo), una pagina che tenta di offrirci un ascolto d’insieme del vasto mondo della musica con il dna africano. Semplice da ascoltare ma non altrettanto da creare.

CD: 11 brani per un durata totale di 54:35.
Formazione di Afreecanos:
Cuba: Omar Sosa (piano, Fender R., vibrafono, marimba, perc.); Julio Barreto (drums); Leandro Saint-Hill (flauto, sax alto); Lázaro Galarraga (voce, batá); Orestes Vilato (timbales).
Brasile: Jorge Alabe (voced, rum, rumpi, agogo); Graca Onasile (voce). U.S.A.: Bill Ortiz (tromba); Michael Spiro (batá). Mali: Baba Sissoko (ngoni, talking drum); Mamani Keita (voce); Ali Wague (flauto). Senegal: Moyla Sylla (voce, xalam, flauto, kongoman); Fanta Cissoko (voce); Ali Boulo Santo (kora); Ousseynou Piagne Epa (piano drum, zabar, dun dun). Mozambico:Childo Tomas (basso elettrico, kalimba). Marocco: Mohamed Soulimane (violino). Francia: Stéphane Belmondo (tromba, flicorno); Lionel Belmondo (flauto di bambù); Christophe ‘Disco’ Minck (ngoni, kamalengoni, guitar sitar).

GianFranco Grilli

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