LA SUBLIMAZIONE DELLE VOCI NELLA MUSICA CARAIBICA AD OPERA DEL CONTROCANTO

Salsa.it - Rubriche: la storia della polifonia e del controcanto e come ha influenzato la musica caraibica

Rubriche - Il Controcanto - Que Rico Sonido
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Un aspetto legato alle parti cantate delle canzoni caraibiche che ne aumenta la gradevolezza di ascolto è il ricorso, quasi irrinunciabile, da parte degli arrangiatori ed degli interpreti, alle cosiddette “seconde voci” (talvolta anche “terze voci”). Volendo utilizzare una terminologia più appropriata, si sta facendo riferimento alla tecnica del CONTROCANTO (o discanto o contrappunto). Esistono delle differenze tra questi tre termini che tuttavia identificano una modalità polifonica di comunicazione dell’espressività vocale, e sono essenzialmente di tipo storico: infatti tra il sec. X e il XIV si diceva discanto anche ciò che tra il IX e il X si diceva organum, e dal XIV in poi contrappunto. In cosa consiste, nella sostanza, la tecnica del controcanto? Riguarda l’utilizzo di più voci contemporanee, estrapolate su precisi intervalli di scala (es di terza, di quinta) volte ad accompagnare/enfatizzare la voce solista oppure a coesistere con essa come co-protagoniste. Il primo caso è molto più diffuso, ad esempio, in parti cantate della salsa, del reggaeton e di tanti altri generi musicali, tra i quali la musica leggera. Il secondo caso invece è tipico, ad esempio, del Son (cantato a più voci) o della bachata, del bolero o dei duetti in genere. Chiaramente questa sublime abitudine di intonare ed interpretare le canzoni caraibiche è il risultato della già note eredità storico-culturali che le popolazioni sudamericane hanno intersecato nel secoli scorsi.
Oggi siamo abituati ad ascoltare la musica nelle varie complessità articolative con le quali si presenta, eppure l’idea del controcanto fa parte di un concetto molto più globale che come già accennato, interessa la POLIFONIA e quest’ultima non costituisce poi una conquista tanto antica. Fino alla fine dell’ottavo secolo la musica era una espressione umana maggiormente individualista e dunque concepita principalmente sotto una forma “monofonica”, ad utilizzo prevalente negli ambienti ecclesiastici. Dalle celebrazioni liturgiche di epoca medioevale in poi, nasce l’esigenza di potenziare l’esibizione cerimoniale per renderla maggiormente diffusibile ed ascoltabile nelle «dispersive» cattedrali romaniche o gotiche di grandi proporzioni e di impressionare la platea con maggiore originalità. La più antica forma polifonica ecclesiastica viene definita “Organum” e risale al X secolo come culmine di una già consolidata esperienza di canto spirituale Gregoriano. Nell’organum, due voci (la “principalis” o “cantus firmus” e l’ ”organalis”) che si esprimono in modo sillabico, attaccano all’unisono, poi lentamente si allontanano per raggiungere una distanza tonale di quarta o di quinta, per poi terminare prima parallele e poi simultaneamente nel finale. Nell’XI secolo, fa invece il suo esordio in “Discantus”, molto simile al precedente ma, diversamente dall’Organum, prevede che le voci procedano in direzioni opposte (una verso toni acuti e l’altra verso note gravi). Tuttavia, soltanto le XII secolo è possibile assistere ad una reale affermazione di canto polifonico con la Scuola di Notre Dame di Parigi, sotto la guida, prima, del maestro Leonino e poi, successivamente, del maestro Perotino. Entrambi si rendono autori di forme di discanti sempre più complessi e con numeri di voci superiori a due. Analoga esperienza viene documentata presso San Marco a Venezia con scuole in grado di formulare esperienze musicali, successivamente identificate con il nome di madrigale, ballata, caccia. Il contrappunto è uno stile appartenente più o meno a questo periodo storico (XIV secolo) è consiste prevalentemente in fraseggi melodici maggiormente indipendenti nei movimenti che si incastrano perfettamente. In alcune scuole nazionali (la franco-fiamminga, la britannica e la veneziana) il contrappunto tocca vertici di virtuosismo tecnico tali da rendere difficoltosa la comprensione dei testi liturgici e capaci di generare dibattiti polemici nell’ambito clericale. Tra il XV e il XVI secolo si giunge all’apice del classicismo polifonico, con l’opera di Pierluigi da Palestrina e gli sfarzi multivocali e strumentali della scuola veneziana sotto l’influenza di Andrea e Giovanni Gabrieli.
Anche se molti critici musicali tentano di allineare la nascita e l’evoluzione del canto polifonico esattamente con la linea cronologica storica delle civiltà occidentali, ritengo che tale conclusione possa sostenersi esclusivamente ignorando completamente la preesistenza di una ancestrale cultura musicale africana, che custodisce il canto corale come valore di rito antichissimo, ma non basta: testimonianze storiche precisano che anche l’antica Grecia, ad esempio, conosceva il canto parallelo ad intervalli di quarte e quinte… Siamo ormai pienamente consapevoli che sulle isole caraibiche approdarono fonti di stili musicali e canori provenienti dall’Africa, dall’Asia e dall’Europa (Francia, Spagna, Italia…). La Spagna resta uno dei principali paesi che ha incubato e dato alla luce un potenziale musicale unico e diversificato costituito da elementi derivanti dalle varie culture del passato: la musica sacra, i canti religiosi, e l’influenza araba (l’utilizzo della chitarra che diventerà chitarra spagnola) aprono le porte a ciò che accade, successivamente, in epoca rinascimentale quando il superamento geo-culturale dei confini europei (es. Francia e Fiandre) consentono un aumento dei viaggi dei musicisti sulle strade del vecchio continente, fino a favorire un reciproco arricchimento melodico e vocale attraverso vari itinerari compreso quello che conduce verso la nostra Roma. Emerge quindi l’affermazione di una lunga generazione di compositori spagnoli tra i quali citare sicuramente Francisco Guerrero e Tomás Luis de Victoria.
Proprio in Spagna, il contrappunto diventa uno stile molto utilizzato tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, partendo dal primo trattato sulla polifonia scritto da Domingo Marcos Durán (Súmula de Canto de Organo di Durán, 1503) che teorizza e descrive l’improvvisazione di voci consonanti nel cosiddetto «contrappunto».

Ad ogni modo, la tecnica del controcanto, per quanto antica o contemporanea possa essere, non poteva trovare nel SudAmerica una terra più fertile, donando alla musica locale una veste romanticissima, una espressione quasi ritualistica che non lascia indifferenti nè i cantanti stessi, nè gli ascoltatori. Quanto è soave ascoltare canti e controcanti dei vari leggendari artisti arruolati nel Buena Vista Social Club come Compay Segundo, Ibrahim Ferrer, Eliades Ochoa, Omara Portuondo e tanti altri interpreti del Son, così come gli innumerevoli esponenti della musica campesina, del bolero!

Un altro gruppo che amo molto ascoltare proprio per l’abilità di impiego di questa tecnica vocale è Sierra Maestra: una chitarra e tre voci sono, da soli, in grado di materializzare il paradiso!

Quanto è entusiasmante ascoltare l’intreccio delle voci dei duetti bachata come quelli di Juan Luis Guerra, Monchy y Alexandra. Quanta completezza nelle seconde voci registrate su se stessi da parte di Marc Anthony, Michael Stuart, Prince Royce, Toby Love… Tanta è la sublimazione che il controcanto conferisce a questo mondo musicale che abbozzare un elenco di artisti diventa un espediente troppo riduttivo e dunque mi fermo qui. Il consiglio resta sempre: ascoltate musica caraibica… ascoltate, cantate e controcantate!

A cura di: Dino Frallicciardi per Que Rico Sonido
Graphic work by: Francisco Rojos

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