COME LA SUONIAMO? – LA FUNZIONE DELL’ARRANGIAMENTO NELLA MUSICA CARAIBICA

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La Funzione dell'arrangiamento nella musica caraibica - Chucho Valdes
La Funzione dell'arrangiamento nella musica caraibica - Chucho Valdes

Quante volte abbiamo sentito pronunciare, nell’ambito dello spettacolo, la parola “arrangiamento”… Questo vocabolo un po’ curioso che può dare adito ad interpretazioni bizzarre in realtà è un termine tecnico importantissimo.
Secondo l’archivio Treccani per arrangiamento si intende: «l’insieme delle operazioni di armonizzazione, strumentazione e strutturazione formale di un tema musicale dato. Il termine indica anche l’adattamento di un brano musicale a organici strumentali diversi da quello cui esso era originariamente destinato». In termini pratici, consiste di tutte le parti suonate dagli strumenti musicali per rendere più ricco, completo ed originale un motivo sovente inserito in una progressione di accordi. Nei generi musicali della nostra cultura occidentale infarcita di pop, dance, rock, musica leggera, percepiamo in modo diretto le parti dell’arrangiamento, gustando l’ascolto, ad esempio, di un arpeggio di piano, di un assolo di chitarra, di un riff di basso, di un assolo di tromba che ci aiutano ad identificare rapidamente un brano pur non attendendone l’intera esecuzione. Spesso con il passare degli anni, l’arrangiamento acquisisce addirittura più notorietà della parte cantata e finisce con il diventare più cult della canzone stessa (mi vengono in mente, ad esempio, alcune canzoni dei Queen o di George Michael: il magico sassofono di Careless Whisper…).
Dunque la funzione dell’arrangiamento all’interno della musica di massa che ascoltiamo quotidianamente riveste prevalentemente aspetti “decorativi” e celebrativi.
Che funzione ha invece l’arrangiamento nella musica caraibica ed in modo più dettagliato nei ritmi come la salsa, la bachata, la timba, il chachacha e così via?
Le mie personali considerazioni in merito, sono frutto dell’esperienza di musicista maturata nell’ambito dei gruppi caraibici, soprattutto nel corso delle “prove in sala”. In modo particolare ho riflettuto molto osservando le dinamiche che si verificano nelle fasi durante le quali, per necessità, occorre far entrare nuovi musicisti nell’orchestra: musicisti che per quanto tecnicamente virtuosi, magari non hanno mai suonato repertorio latinoamericano puro (non commerciale). Non è facile per lo strumentista neofita comprendere l’importanza del rispettare l’integrità delle parti relative all’arrangiamento perché spesso non si ha sufficiente consapevolezza del valore che quest’ultimo ha per i ballerini. Durante le ore di lavoro in sala prove è molto frequente ascoltare frasi tipiche contenenti domande/proposte del tipo «come vogliamo suonarla?» da parte di strumentisti promettenti ed irrequieti che fremono nel desiderio di “personalizzare” il brano per renderlo, legittimamente, più originale. Gradualmente le richieste diventano più insistenti sottoforma di: «mica dobbiamo farla proprio uguale?»…«facciamola più swingata!»…«facciamola più rockeggiante»…«perché non eliminiamo questo terzinato?» e cosi via… Ricordo bene che la proposta più azzardata che mi fu avanzata fu riarrangiare Chanchan in versione reggae !
In mancanza di una adeguata leadership all’interno dell’orchestra a tutela (e difesa!) della tipologia del repertorio, il destino inesorabile di queste formazioni troppo “sperimentali” (ne ho conosciuto tante) consiste nel partire con il suonare Salsa e finire con il suonare Fusion, Funky ed altre complicazioni…
Il mio compito, spesso, consiste nel trasmettere ai nuovi arrivati la filosofia che sta alla base dell’arrangiamento caraibico: esiste un legame indissolubile tra musica e ballo e questi brani vengono creati ed elaborati soprattutto per diventare materia prima dell’estro dei ballerini. E’ una musica quasi interamente al servizio dei ballerini. Quando il salsero (il rumbero, il timbero, il bachatero…) balla in pista, quasi sempre conosce perfettamente a memoria l’arrangiamento del brano e nella sua corteccia cerebrale ideativa immagina già il movimento del corpo che dovrà eseguire di lì a poco, in modo sincrono con la parte musicale in esecuzione: «stacchi» di collo-testa, di spalle… movimenti degli arti della colonna e del bacino, rotazioni, camminate… figurazioni rallentate, plastiche e sincopate…sono tutte espressioni del ballo ispirate da quel preciso inciso, da quel preciso obbligato, da quel preciso slap di basso, da quei precisi pattens della sezione fiati, da quel preciso montuno di piano, da quei precisi colpi di percussioni e così via.
Orbene, non è che sull’arrangiamento della salsa o della bachata esistano vincoli da “inquisizione spagnola”: sono tanti gli esempi di brani che vengono ri-arrangiati oppure spostati da un ritmo ad un altro (es. una bachata in versione merengue); tuttavia, un musicista di un gruppo caraibico non può suonare in maniera troppo anarchica e/o personalizzata rispetto al tema consolidato di un determinato classico. Molti potrebbero obiettare il fatto che spesso le variazioni/contaminazioni generano altri stili: ciò è corretto ma la rivisitazione non deve mai avere, a mio avviso, un impatto negativo sull’interpretazione del popolo danzante.
Quindi per rispondere alla domanda del titolo di questo articolo, del tipo «come la suoniamo?», la risposta è: la suoniamo così come deve essere suonata, ovvero, come la conoscono e/o la gradiscono i ballerini! Sarebbe troppo riduttivo citare i più grandi arrangiatori del panorama caraibico! Dovrei partire da New York (Louie Ramirez, Tito Puente) a Puertorico (Bobby Valentin, Mario Ortiz) a Cuba (Chucho Valdes, Juan Formell, Jose Luis Cortes)… beh… mi fermo perché sono in grande imbarazzo…
In conclusione. Ben compresa la diversa funzione rivestita dall’arrangiamento musicale caraibico rispetto alla nostra musica di consumo occidentale, mi riservo di consolare il musicista neofita irrequieto, affermando che suonare caraibico non significa non avere la possibilità di improvvisazione: l’improvvisazione strumentale esiste, eccome, ma va inserita e valorizzata in appositi cluster giustamente inseriti nel brano salvaguardando l’integrità classica del «pezzo» noto ai ballerini.
Sull’arrangiamento caraibico bisognerebbe poi continuare, immergendosi in un discorso molto più ampio di definizioni e descrizioni tecniche sulle varie parti del brano (introduzione, cuerpo, soneo, montuno ecc…) tuttavia può essere materiale di discussione di una seconda parte di questo articolo.

A cura di Dino Frallicciardi – QueRicoSonido
Graphic work by: Francisco Rojos

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