La recente scomparsa di grandissimi artisti come Jose Luis Cortes e Johnny Pacheco ha rievocato una serie di approfondimenti che tempo fa dedicai allo studio del contributo del flauto traverso nella musica caraibica.
La “flauta”, così come viene chiamato nelle orchestre latine è molto presente nella musica latinoamericana: spesso utilizzato per arricchire l’arrangiamento, in particolare il flauto traverso trova frequentemente anche spazio come protagonista nel canto principale o nell’assolo.
Il flauto è uno strumento antichissimo, considerato, insieme alla cetra, tra i primi ad essere stati suonati dall’uomo: appartiene alla categoria dei “legni” anche se successivamente è stato costruito in materiale diverso (porcellana, plastica, metallo). Viene classificato anche come “aerofono labiale o aerofono ad imboccatrura naturale”. Diversamente da suoi simili quali clarinetto o l’oboe, i flauti non presentano all’imboccatura un’ancia ma la stessa funzione viene sostituita o da un fischietto (labium) o semplicemente da un foro di ingresso. I flauti traversi vengono suonati, appunto, in modo trasverale rispetto al musicista che lo impugna (di solito verso destra). Una variante di questo concetto di posizione “fuori asse” è rappresentata dal “flauto con imboccatura ad una estremità”: anch’esso è privo di labium ed il suo più tipico esempio è il flauto di Pan, molto diffuso nelle regioni andine.
Per motivi puramente convenzionali è possibile individuare due filoni cronologicamente paralleli che giungono alla stessa conclusione di inserire stabilmente il flauto traverso nelle formazioni latinoamericane: il contesto tradizionale-folcloristico ed il contesto jazzistico (e post-) degli ambienti artistici musicali nordamericani. Il primo filone non consente in verità una ricostruzione di un ordinato percorso storico-evolutivo, pertanto ci limitiamo, in questo articolo, a ricordare i flauti in legno o metallo caratteristici dello stile campesino, del changui, son, della musica brasiliana e della musica di sala danzante; includiamo in questo elenco anche il flauto di Pan, intramontabile nella musica andina. Tutti gli esempi citati sono accomunati dalla non avvertita necessità, da parte dei musicisti, di amplificare il volume del suono riprodotto. Il flauto è stato infatti tra gli elementi caratteristici delle charangas, ovvero delle ensemble tradizionali, in particolar modo cubane, che negli anni ’40 hanno iniziato a sostituire gli strumenti musicali più classici con altri di provenienza europea (come il violino). L’esempio più tipico di questa trasformazione è il Danzón. Nel filone che riguarda, invece, il laboratorio d’ispirazione nordamericana, facciamo prevalentemente riferimento all’interessantissimo mutuo scambio avvenuto tra jazz e musica latina nella seconda metà del secolo scorso, quando venivano messo in comune: le particolari sonorità, i pattens, le particolari armonie, le abitudini e gli strumenti, compreso il flauto traverso che in entrambi i mondi ha assunto un protagonismo crescente.
La forma moderna del flauto (cilindrico, a dodici o più chiavi) è un discendente dei flauti barocchi modificati poi successivamente dalla scuola tedesca di Theobald Boehm nel XIX° secolo e dopo ancora, dalla scuola francese. In metallo, è costituito da tre parti principali: testata, corpo centrale e trombino. La tipologia maggiormente utilizzata è il flauto traverso in Do che possiede un’estensione che va dal Do centrale Do_3 (o da un semitono sotto Si_2) fino al Re_6 (comprende più di 3 ottave). I flauti moderni possono raggiungere un’estensione di tre ottave e mezza.
Il flauto traverso, come abbiamo già anticipato, esordisce come figura solista nelle formazioni jazz soltanto negli anni ’30 e questa novità coincide con la possibilità tecnica di microfonare questo strumento che soffriva, inevitabilmente, i sovrastanti decibel degli altri elementi: erano evidentemente preferiti il sassofono, le trombe ed i tromboni decisamente più potenti. La maggior parte degli storici musicali concorda con il fatto che la prima registrazione jazz, contenente un intervento di flauto, è rappresentato dall’assolo interpretato in New York, dalle mani del clarinettista Alberto Socarras (guarda un po’, cubano di nascita…) nel brano Shootin the Pistol (1927) dell’unsemble del maestro Clarence Williams. Socarras successivamente prosegue il suo progetto con nomi altisonanti del calibro di Cab Calloway, il percussionista cubano Mongo Santamaria ed addirittura il famosissimo trombettista Dizzy Gillespie (tra i padri fondatori del Bebop). Proprio nel corso di questa collaborazione pare che Gillespie abbia saggiato la conoscenza della musica afrocubana. Tuttavia il vero primo flautista jazz a tutto spessore viene individuato in Wayman Carver: già sassofonista ed autore a partire dagli anni ’30 di Loveless Love (con Dave Nelson), inoltre di How Come You do Me Like You do?, di ??Sweet Sue, Just You (con Spike Hughes nel 1933), e di Devils’ Holiday (con il notissimo Benny Carter). Altro pioniere flautista jazz da ricordare è Jerome Richardson, interprete in voga negli anni’ 40. Proprio in questi anni si verificano due processi molto significativi per il futuro di questo strumento: da un lato il netto miglioramento delle tecniche di amplificazione e dall’altro l’incontro tra il meraviglioso movimento Bepop decollato grazie al grandissimo sassofonista Charlie Parker (e il pianista Bud Powell) e le sonorità ed i ritmi latinoamericani. Fondamentale va considerato anche il contributo di Herbie Mann, ritenuto tra i primi flautisti jazz determinati nel presentarsi al grande pubblico esclusivamente in compagnia del flauto ma soprattutto è indubbio il suo interesse verso la contaminazione con la cultura Latina e la musica etnica in generale. In questa fase di grande integrazione musicale, il flauto incontra anche la Bossanova brasiliana ritenuta perfetta, con la sua grazia e le sue intricate armonizzazioni, per il flauto: vanno mensionati i brani Do the Bossanova sempre di di Herbie Mann e The La Four Scores di Bud Shank con Laurindo Almeida alla chitarra.
A partire dagli anni ’50 in New York, la popolarità del jazz cresceva a dismisura ed il flauto traverso acquistava l’interesse vivo di tanti musicisti famosi che si esibivano incessantemente nei locali della gande metropoli: Sidney Lanier, Clemente Barone, Depestre Salnave, Norvel Morton, Max Farley, Hal McLean, Vincente Capone, Jack Bell, Roy Mayer, Frank Wess. Se da una parte, l’evoluzione naturale del Danzon permetteva a questo strumento a fiato di percorrere ancora tanta strada (vedi ad esempio l’esperienza di Josè Antonio Fajardo o di Miguel O’Farril), accadeva anche che negli anni ’70, la nota, affascinante promisquità tra jazz e musica caraibica ne favoriva l’inevitabile inserimento all’interno delle orchestre ricche di musicisti cubani, portoricani, domenicani: proveremo a menzionare gli uomini che con grande professionalità hanno consentito al dolce suono del flauto traverso di poter assumere un ruolo prestigioso nella musica latinoamericana. Nominarli tutti sarebbe impossibile anche perché appartengono ad un intero continente, tuttavia è inevitabile che maggiore attenzione cada sugli interpreti cubani. Ad ogni modo gran parte di questi grandi artisti ha ricevuto premi prestigiosi, compreso vari Grammy. Miguel O’Farril (1916) è stato flautista all’interno della storica orchestra di Enrique Jorrin (principale sperimentatore/inventore del Chachacha). In questo ambito, va citato anche il contributo di José Antonio Fajardo (1919), flautista cubano, anch’egli promotore del chachacha durante gli anni ’50 (Fajardo y sus estrellas) collaborando anche con Johnny Pacheco. Come non ricordare, infatti, Pacheco, il mitico flautista domenicano, produttore e fondatore del FANIA All Stars. Altro domenicano, in tal senso, è anche Jose Alberto (1958) che viene ricordato come “El Canario” per la sua capacità di imitare il suono del flauto traverso con una naturalezza strabiliante. Jose Luis Cortes (detto “El tosco”) offrì la sua esperienza nel flauto traverso prima con i Los Van Van, poi successivamente da solo, con il proprio gruppo NG La Banda, diventando artefice del decollo della timba con i suoi ricchi arrangiamenti basati su questo strumento. Tuttavia non va dimenticato Orlando Cantò (1937) che è stato, insieme a Juan Formell il fondatore dei Los Van Van, nonché colui che ha verosimilmente delineato il sound tipico del gruppo: i Los Van Van hanno standardizzato intorno al flauto, uno stile musicale inconfondibile al punto che a volte basta ascoltare le prime note dell’arrangiamento di una canzone per capire immediatamente che si tratta di un brano degli uomini di Formell. Nel 1995 è Jorge Leliebre che prende il posto di Cantò per continuare la lunga, leggendaria, storia artistica. René Lorente (1948) è un eccezionale musicista strumentista cubano che sostituì Richard Egües, dopo il suo ritiro avvenuto nel 1984, dopo 22 anni brillanti di successi internazionali nell’Orchestra Aragón e dopo essersi dedicato alla produzione discografica autonoma con: René Lorente y su Charanga Cubana. Nomi altisonanti che hanno contribuito al firmamento carrieristico dell’Orchestra Aragon sono: Eduardo Rubio e Richard Egues (1924). Orlando “Maraca” Valle (1966) flautista cubano, inizia ben presto a suonare con Irakere di Chucho Valdés, ottenendo anche varie collaborazioni con grandi jazzisti come Dizzy Gillespie , Paquito D’Rivera, Chick Corea; partecipa alle produzoni degli Afro Cuban Jazz Project e Maraca & Afro-Cuban Jazz Masters. Con i suoi gruppi Maraca Salsa & Latin Jazz band ha suonato sui più rinomati palcoscenici mondiali, raccongliendo consensi ovunque, al punto di essere considerato l’attuale re della musica jazz-fusion afrocubana. Dave Valentín (1952), flautista figlio di portoricani emigrati in Newyork è stato uno degli artefici della fusione della musica latina con il jazz negli anni ’70; per diversi anni è stato direttore musicale dei Golden Latin Jazz All-Stars di Tito Puente. Néstor Torres (1957) è un flautista jazz nato a Porto Rico, fondatore e direttore del primo ensemble di charanga della sua School of Music. Altamiro Carrilho (1924) flautista brasiliano, direttore d’orchestra, arrangiatore, esponente della musica Choro, ha dato un grande impulso alla impronta culturale musicale della bossanova e del samba. Danilo Caymmi (1948) è un chitarrista, flautista, cantante e compositore brasiliano: è ricordato per il tono molto romantico delle sue ispirazioni: ha scritto molti brani interpretati poi dalle più grandi stelle della musica carioca; vanta collaborazioni con Chico Buarque, Gonzaguinha, Dori Caymmi, Nana Caymmi, Dorival Caymmi, Antônio Carlos Jobim e Milton Nascimento.
A cura di Dino Frallicciardi
QueRicoSonido (spazio web dedicato alla passione per la musica latinoamericana).
Tutti i diritti riservati.
Riferimenti:
peterguidi.com
knkx.org/post/jazz-caliente-focus-flute
wikipedia
Lascia un commento