Ne discutiamo con il Maestro Gabriel Oscar Rosati (intervista)
I ritmi latinoamericani sono espressioni musicali destinate verosimilmente, in prevalenza, ai ballerini che in più delle volte non percepiscono sufficientemente l’esatta dimensione dell’elevata qualità musicale dei brani sui quali si esibiscono, in termini di estremizzazione del ritmo e di perfezionismo di interpretazione dei musicisti (che contemplano un vasto bagaglio jazzistico). Così accade che la Salsa, ad esempio, può rappresentare per gli amanti del genere, una opportunità, ovvero una sorta di porta girevole che possiamo metaforizzare come “Star-Gate” latino (prendendo in prestito una nota immagine cinematografica) che consente di mettere in comunicazione due galassie parallele, incredibilmente affascinanti: quella dell’espressione del corpo (ballo) con quella della sublimazione della melodia. Se mettiamo un attimo da parte esperienze poli-artistiche simili come ad esempio lo Swing, ritengo che tra tutti i generi dedicati al ballo, la Salsa (e la musica latinoamericana in sostanza) sia la candidata più forte per soddisfare contemporaneamente tre obiettivi: gratificare l’esperienza della danza; essere musica di alta qualità; avere una diffusione di massa sulla popolazione.
Dunque il tema di questo incontro è: “Ballare caraibico e poi innamorarsi della musica d’eccellenza (andata e ritorno): esiste lo “Star-Gate latino”?
Per analizzare la tesi in questione e trarne le più intriganti considerazioni sul tema, abbiamo ottenuto la gradita disponibilità di un ospite d’eccezione: ho avuto l’onore ed il piacere di intervistare il Maestro Gabriel Oscar Rosati. Stiamo parlando di un Musicista, Jazzista italiano (nato a Modena), ma di fama internazionale che vive in California e che nella sua carriera si è occupato anche e soprattutto di Musica AfroLatinoAmericana. Rosati è un trombettista, trombonista, vocalist, arrangiatore, compositore. Dal 1991 negli States ha vissuto, suonato, in studio ed in tour dagli U.S.A. al Centro America, tutto il Sud America, Giappone ed Europa. Medaglia di Bronzo al Global Music Award (arrangiatore e compositore BigBand 2018). Vincitore del Premio “Dean Martin” 2014 quale artista abruzzese distintosi a livello internazionale. Docente di Workshops sulla musica Afro-Cubana, Brasiliana, Jazz ed in genere musica “nera” in Universita’, College e Conservatori musicali. Si è esibito ed ha inciso con Santana, John Lee Hooker, San Francisco All Stars, Tito Puente jr, Jose’ Alberto “el Canario”, Mariachi Universal, Perez Prado All star, GreggAllman, Billy Preston, The Checkmates, Bob Mintzer, Malo, Os Originals do Samba e tantissimi altri. Nominato “BEST JAZZ” negli ORANGE COUNTY MUSIC AWARDS 2008 (California).In copertina sulla rivista americana “JAZZ PLAYER” con il proprio CD PLAY-ALONG (1999). Al suo attivo 16 libri pubblicati e 20 cd a proprio nome.
Di seguito l’estratto della doppia intervista che si è svolta prima, per vie brevi telematiche e di seguito (la discussione si era rivelata particolarmente ricca di spunti interessanti), nel corso di una videointervista della quale, in questo articolo viene allegato il link per poterla visionare.
Maestro, grazie innanzitutto per aver accettato il nostro invito.
Maestro Rosati, Lei ha dedicato buona parte della carriera artistica al genere Latin, calpestando numerosi palchi nel mondo ed in particolare negli Stati Uniti e nel Sudamerica. Che tipo di coinvolgimento del pubblico percepisce rispetto ai contenuti musicali che esprimete dal palco?
Il coinvolgimento del pubblico “americano” in generale (nord centro e sud) e’ sempre molto caloroso, diretto ed avvolgente. E’ una sensazione molto diversa rispetto al pubblico europeo o dell’Oriente. Ne ho parlato anche nel mio documentario (si trova nel mio canale youtube). Mi piace sempre raccontare un mio aneddoto di vita vissuta: nei primi anni che suonavo finalmente negli States mi e’ spesso capitato che senza neanche aver suonato una sola nota, ancora intento a montare e preparare i miei strumenti sul palco, venissero gia’ persone del pubblico a chiedere di comprare cd del gruppo??
Ci rendiamo conto? In altre zone geografiche bisogna almeno suonare un set per poi annunciare varie volte che ci sono cd in vendita per chi sia interessato.
Quando sapete di offrirvi ad un pubblico di ballerini, prestate maggiore attenzione agli aspetti degli arrangiamenti con dettagli che possono ispirare/esaltare la performance dei ballerini oppure si tratta di una attenzione che prescinde da questi aspetti?
Si presta molta attenzione alle necessità di chi balla, e’ ovvio, e questo avviene gia’ dagli anni 40 (l’epoca dello Swing). Oggi qualsiasi gruppo che suoni dal vivo con pubblico danzante deve adattare la velocita’ di un brano, la durata, le parti stesse (a volte estendere gli assoli, aumentare l’intensita’ con Mambo section), ripetere addirittura sezioni della canzone o inventare sul momento nuove aggiunte (la cosa più difficile per cantanti e musicisti esperti). Un brano può durare dai 5 ai 25 minuti… Esattamente il contrario di quello che pensano i “cattedratici bacchettoni”: suonare samba, salsa, mambo, cha-cha-cha’ tango per un pubblico danzante non e’ per nulla banale o facile. Specie nei paesi latino-americani!
Come vivono i popoli latinoamericani questo dualismo danza–musica? Sentono talora la necessità di fare un distinguo (come siamo soliti noi fare), oppure sono concetti intimamente collegati?
Nell’ “al di là dell’oceano” questo dualismo non esiste: qualsiasi persona che abbia un cuore ed orecchie dovrebbe sentire l’impellenza naturale di muoversi (come fanno i bambini). Si perde la magia quando intervengono tutti quegli “insegnamenti” ed “educazioni” al cosiddetto “buon comportamento”. E come dice una famosa canzone brasiliana “chi non balla o ha qualcosa che non va in testa o ha mal ai piedi”.
Mettendo un attimo da parte concerti nei quali suonate musica più squisitamente da “ascolto”, per quanto riguarda invece il mambo, salsa, chachacha, ecc, può assumere connotazioni troppo riduttive per la professionalità dei musicisti, definire uno spettacolo destinato <<al pubblico danzante>> oppure si tratta di una distinzione puramente occidentale?
E’ una distinzione puramente europea o forse prettamente italiana; (ove resiste una idea negativa del ballo, discoteche o persone che si sanno muovere al ritmo di musica) negli USA e’ molto comune trovare persone che inizino a ballare mentre si suona un blues o uno standard jazz di qualsiasi epoca. Bisogna superare questo pregiudizio che la musica latinoamericana sia banale: spesso è colpa di un certo mercato discografico e dei nostri luoghi comuni. E’ noto che molti grandi jazzisti americani che suonavano a NewYork (es. Charlie Parker, Howard McGhee, Dizzy Gillespie) non appena riuscivano ad allontanarsi dalle loro sale di registrazione, si recavano nelle orchestre latine più affermate (come ad esempio Machito, Tito Puente, Tito Rodriguez) per condividerne i contenuti tecnici e tematici. Uno dei mei maestri è stato un percussionista cubano, Narciso Montero. Con lui ho passato molto tempo in collaborazioni negli studi di registrazione e mi ripeteva spesso un importante consiglio: se i ballerini non sentono l’istinto di ballare ciò che noi componiamo ed incidiamo, allora significa che <<no tiene sabor…>> e dunque non è roba buona…
Alla fine di un concerto è stato mai contattato direttamente o indirettamente da persone del pubblico e followers per un feedback di approfondimento sui contenuti culturali o tecnici del repertorio proposto?
Si, molto, ricordo a Las Vegas nei primi anni ‘90 dove suonavo 7 sere a settimana c’erano spessissimo estimatori che mi avvicinavano parlando dei tempi di Harry James, Jaco Pastorius, Perez Prado, gente di tutte le eta’ che venivano da tutta America ovviamente. Appassionati estimatori con orecchio fino ed esperienze dirette, (non del sentito dire …)
Qual’è il concerto nel quale ricorda di essersi maggiormente emozionato per aver ricevuto più Lei una grande carica emozionale-energetica da parte del pubblico danzante che viceversa?
Ad essere sinceri ho vissuto molti di questi momenti “magici” (grazie a Dio). Nel 1997 ho suonato in un tour mondiale di musica brasiliana per celebrare la vittoria dei mondiali di calcio da parte del Brasile: eravamo in Giappone ad Osaka e lì ho suonato in un meraviglioso campo di calcio pieno di pubblico, di ballerini e soprattutto dei campioni e miti del calcio carioca che si trovavano proprio a pochi passi da me…
A Chicago, mi sembra fosse il 2006, al World Salsa Festival ho suonato con l’Orchestra di Johnny Polanco con Herman Olivera cantante ed una formazione con i migliori musicisti di Los Angeles, ballerini da tutto il mondo e come se non bastasse ho dovuto leggere tutto il repertorio a prima vista.
Ma anche anni dopo (1995) in tour in Giappone con uno show internazionale (Sergio Alberti & Latin Merengue) abbiamo fatto dei concerti da “goduria” con pubblico giapponese in sorprendente coinvolgimento.
Per non dimenticare qualche anno fa a Carapicuiba (Sao Paulo, Brasile) durante il Carnevale ho suonato in un mega evento durato ore “Samba e’ Serio” con cantanti, musicisti e tutto il pubblico a cantare e ballare!
Inoltre, le nottate di venerdi e sabato al “Chimpum Callao” di Tijuana (Messico) a suonare fino alle 3.20 am? Con mio figlio di 5 anni che mi sveglia la mattina alle 7????!!!
Insomma sarebbero troppi da citare.
Qual è invece il concerto che l’ha più soddisfatto/emozionato in assoluto nella sua carriera?
Di sicuro il concerto al Greek Theatre di Los Angeles (1994) con Santana!, un mega evento con le leggende del Latin Rock Malo, Tierra ed altri; avevo 27 anni e salire su un palco del genere con un pubblico di migliaia di persone, in America! A fine concerto abbiamo firmato autografi per piu’ di 3 ore! Quel giorno mi sentii un po’ come drogato. Era poco tempo che ero arrivato negli States e già stavo facendo esperienze incredibili.
Cosa si sentirebbe di dire nel provare a scattare una fotografia attuale della Salsa e della musica caraibica oggi nel mondo?
In un mare di musica commerciale e manipolata da dj e mega produttori senza scrupoli, e’ormai l’unica alternativa. La musica suonata con professionalita’, onesta’ e creativita’ sta diventando un miraggio. Il latino-america e’ l’unico bacino interessante e continuamente in “ebollizione”.
Lo stesso jazz ha perso ogni attrattiva, finiti i grandi nomi stanno rimanendo solo suonatori (copie sbiadite).
Dando un’occhiata alle scelte coraggiose (poco fa in realtà le abbiamo definite scelte oneste e professionali) di alcune orchestre cubane come Havana de Primera (tra l’altro Alexander Abreu, suo collega trombettista) o Alain Perez, oppure portoricane come Javier Fernandez che concedono tantissimo spazio alla cura degli arrangiamenti dei loro brani (a volte con attenzioni quasi ossessive) nonostante destinati alle discoteche latine, ritiene che queste scelte possano essere eccessive? Molti ballerini a volte lamentano introduzioni troppo lunghe e durate interminabili dei brani (7-8 minuti…). (Io direi: a questo servono i DJ… a prendere ciò che serve… o no?).
E’ una fortuna avere qualche giovane che si impegni a scrivere ed arrangiare musica nuova, se complessa o simil-jazzistica e’ fantastico secondo me. Ben vengano: di roba commerciale ce n’e’ gia’ cosi’ tanta no?
Ritiene che la curiosità dei ballerini verso la musica “d’elite” (Jazz, Bepop, Fusion, ecc.) sia una attitudine innata o molto dipende da fattori professionali e/o socio-culturali ?
Penso che con il progredire della qualita’ e dell’esperienza personale sia naturale espandere gli interessi ed approfondire le conoscenze. Un musicista, un cantante un ballerino non puo’ limitarsi a seguire lo stesso pattern per una vita intera. Lo dico davvero sinceramente: voi del Sud Italia siete molto predisposti rispetto a questa cultura: ho suonato diverse volte dalle vostre parti ed ho sempre notato un coinvolgimento eccezionale, molto simile a quello sudamericano…
Veniamo al Suo strumento: tromba-trombone. La musica caraibica non ne può proprio fare a meno vero? Sono strumenti fantastici. Poi lei li rende soprannaturali! Raggiunge gli acuti celesti … (rido)
Ahahah.. acuti celesti… non so.. In Italia gli acuti dei trombettisti non sono mai piaciuti, (specie ai miei stessi familiari); ognuno di noi prova sempre del suo meglio. Ho avuto anni di follia durante i quali studiavo e facevo solo l’acutista; per fortuna sono maturato ed ho apprezzato sempre piu’ il trombone, l’originalita’ e la composizione. Poi diciamo la verita’: di acutisti ormai ce ne sono tanti in giro, ma di improvvisatori, arrangiatori in gamba molti meno.
Che consigli sente di dare ai giovani che si avvicinano a questo strumento e soprattutto che consigli sente di dover dare a quelli che vorrebbero suonare nel mondo latin?
Qui saro’ molto schietto come sempre: consiglio di lasciar perdere gli studi accademici classici o perlomeno di non attardarsi con anni di Conservatorio inutili e boriosi. Se si vuole suonare musica “negra” o latina e’ bene andare nei posti giusti, se si vuol diventare cuochi o calciatori allora va bene l’Italia. A proposito…In Italia, ad ogni modo, ho un mio gruppo che si chiama Brazilatafro composto da tutti musicisti eccellenti, compreso il nostro mitico cantante: il cubano Willie Paco Aguero. E’ stato molto famoso in passato: violinista, cantante che ha suonato con Los VanVan, Anacaona…; vinse un disco d’oro a Cuba).
In conclusione: Lei ci crede all’esistenza dello “Star-Gate Latino”? Promuoviamo la Salsa come transfert ideale, in quanto capace di raggiungere i tre obiettivi che ci siamo detti all’inizio: ballabilità, qualità/sofisticazione musicale, diffusione di massa sulla popolazione?
Si. Oggi 2022 penso sia l’unica strada. E non solo Salsa ma anche musica brasiliana, Tango e caraibica in generale. D’altronde, se proprio vogliamo ricordarlo: molti grandi stili (Jazz, Swing, Dixie, Charleston) sono nati, inizialmente, per essere offerti ai ballerini… Poi, per chi proprio, ancora, nutra dei dubbi, vada ad ascoltare la discografia dei classici, come ad esempio: Hector Lavoe, Ruben Blades… Purtroppo molta responsabilità va data alla influenza devastante di alcuni circuiti discografici che dominano su altri con offerte di poca qualità. Anche la situazione delle Radio dalle nostre parti è penosa: negli Stati Uniti accendi la radio e trovi una stazione per ogni genere: jazz, country, blues, classica… trovi tutto quello che desideri ascoltare; in questo senso, le Radio private potrebbero fare molto di più.
Link per guardare il video completo della videointervista: https://youtu.be/J2p_rtXhNMI
Si ringrazia il Maestro Gabriel Oscar Rosati per la partecipazione (www.gabrielrosati.com)
A cura di Dino Frallicciardi
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