Nella seconda metà degli anni 60 il panorama del rock ha visto la fragorosa entrata in scena del gruppo dei Doors e del loro carismatico leader, Jim Morrison. La loro musica, i loro testi e le idee e gli atteggiamenti del loro frontman hanno saputo colpire il pubblico facendo di questa band non solo un fenomeno musicale, ma anche uno dei principali esponenti della cosiddetta “controcultura” hippie tanto in voga in quel periodo.
Il percorso musicale dei Doors e l’immagine pubblica e privata di Morrison hanno sempre affascinato il mondo del cinema, tanto che già dall’inzio degli anni 80 si cominciava a parlare di un biopic a loro dedicato: Brian De Palma, Martin Scorsese e William Friedkin (per chi avesse poca familiarità con quest’ultimo nome, ricordiamo che ha diretto L’Esorcista), ci hanno fatto tutti un pensierino, fino a quando la Columbia Pictures nel 1985 si è aggiudicata i diritti delle canzoni dei Doors e di Jim Morrison, offrendo ad Oliver Stone la stesura dello scrypt; dopo un rifiuto iniziale, Stone, che si era distinto qualche anno prima con la sceneggiatura di Scarface, si mise al lavoro, ma il risultato finale non soddisfò i tre componenti dei Doors ancora in vita, i quali posero il veto ad Oliver Stone di scrivere o eventualmente dirigere la pellicola. Ray Manzarek, Robbie Krieger e John Densmore però cambiarono idea dopo aver visto, due anni più tardi, Platoon, il film sulla guerra del Vietnam per il quale Stone ricevette il premio Oscar . Nel 1989 la Carolco acquisì i diritti per realizzare il film ed ingaggiò quindi come regista Oliver Stone, il quale conobbe la musica dei Doors proprio quando prestava servizio nell’esercito nella guerra del Vietnam. Stone si avvalse della consulenza dei tre membri della band, in particolar modo di Ray Manzarek, con il quale ebbe più di un attrito, in quanto il tastierista non approvava la direzione che il film stava prendendo: eccessivo spazio alla figura di Morrison a discapito del resto della band e una descrizione di Morrison stesso che non ne risaltava appieno le sue doti artistiche ed umane. Un altro problema veniva poi dai genitori di Pamela Courson, la fidanzata di Jim: questi, in seguito alla morte di Morrison nel 1971 e a quella della figlia nel 1974, divennero i proprietari dei diritti del libro di poesie di Jim e minacciarono la casa produttrice di non concederli se Stone non avesse delineato la figura di Pam come avrebbero voluto loro. Alla fine si arrivò ad un compromesso che finì per accontentare ambo le parti: il regista descrisse Pam in modo piuttosto veritiero, omettendo però le sue presunte responsabilità sulla morte di Jim (si dice che la dose letale di eroina gliel’avesse inconsapevolmente procurata lei).

Per il ruolo di Morrison furono considerati parecchi attori, quali Johnny Depp, Richard Gere, John Travolta e Tom Cruise; anche Bono degli U2 e Michael Hutchence degli INXS avanzarono la propria candidatura, mentre Stone propose la parte a Jan Astbury, leader dei Cult; questi la rifiutò in quanto non gli piacque il modo in cui Morrison veniva presentato nel film. Alla fine la scelta cadde su Val Kilmer, la cui interpretazione nel fantasy Willow aveva molto colpito Stone. Kilmer si preparò scrupolosamente al ruolo: perse peso, imparò 50 canzoni dei Doors (15 delle quali poi vennero usate nel film) e rimase per sei mesi a stretto contatto con il produttore di Jim, che gli raccontò aneddoti, comportamenti ed episodi della sua vita privata. Conobbe anche Krieger e Densmore (Manzarek si rifiutò di incontrarlo), i quali, sentendolo cantare, dissero di non saper distinguere la sua voce da quella del vero Jim. Per il ruolo di Pamela Courson inizialmente la direttrice del casting aveva scelto Patricia Arquette, ma alla fine il ruolo andò a Meg Ryan, all’epoca sulla cresta dell’onda.
Il film fece il suo debutto nelle sale nel 1991, a vent’anni esatti dalla scomparsa di Morrison.

La trama: la vicenda si sviluppa in una serie di flash-back che ha Jim Morrison (Val Kilmer) mentre sta registrando la lettura del suo libro di poesie, dal titolo An American Prayer: il primo fatto che condiziona la sua vita è quello di aver assistito ad un incidente stradale in cui vengono coinvolti dei nativi americani: da quel momento si convince che, prima di morire, i pellerossa gli abbiano donato la propria anima (sarà ricorrente la visione di uno degli indiani morti lungo la durata del film). Vengono poi messi in luce i momenti più salienti della band dei Doors e delle vicissitudini pubbliche e private di Jim: dall’incontro con gli altri componenti della band, alle prime esibizioni nel pub Whisky a Go-Go, alle esperienze con gli allucinogeni e l’LSD. Mentre la band comincia ad avere successo, Jim conosce e si innamora di Pam Courson (Meg Ryan), con la quale inizia il suo rapporto tormentato. I Doors intanto cominciano a fare notizia, sia per la loro musica che per i loro
testi irriverenti, che gli causano parecchi guai. Gli atteggiamenti trasgressivi di Jim sul palco, però, mandano il pubblico in visibilio e più lui dà scandalo, più la loro popolarità diventa inarrestabile. Di pari passo col successo, però Jim inizia il suo percorso che lo porterà all’autodistruzione: comincia a diventare schiavo dell’alcol e della droga, allaccia una pericolosa relazione extraconiugale con la giornalista Patricia Kennealy (Kathleen Quinlan) e nei concerti comincia a perdere il controllo: inveisce in occasione contro i poliziotti, in un’altra contro il pubblico, viene arrestato e portato via dal palco. Dopo la registrazione delle sue poesie e dell’album L.A. Woman, si trasferisce a Parigi, dove viene trovato morto da Pam nella sua vasca da bagno. Le immagini finali mostrano la sua tomba al cimitero di Pére Lachaise, ancora oggi meta di fan da tutto il mondo, e le scritte in sovraimpressione ci dicono che Pam morirà anche lei per overdose tre anni più tardi.

La colonna sonora: contiene tutti i più grandi successi dei Doors, da Riders On The Storm, a Light My Fire, a Break on Through a Roadhouse Blues, da Touch Me a The End. Per quanto riguarda le scene in cui il gruppo si esibisce live è stata presa la voce di Val Kilmer ed è stata aggiunta alle versioni originali rimasterizzate per l’occasione. Nel disco della soundtrack c’è anche un brano dei Velvet Underground.
Curiosità. Il film è costato 32 milioni di dollari ed è stato girato a Los Angeles, New York, Parigi e nel deserto del Mojave. Per girare la scena in cui il gruppo suona The End nel locale di Los Angeles, ci son voluti 24 ciak e 5 giorni di riprese prima che Oliver Stone fosse soddisfatto: al termine Val Kilmer era esausto e quasi senza voce a causa del calore delle lampade di scena e del fumo delle sigarette fumate dal pubblico per ricreare l’atmosfera del posto.

Robbie Krieger e John Densmore hanno seguito da vicino i due attori che interpretavano i loro ruoli, insegnandogli i giusti movimenti di quando suonavano. Densmore appare anche in un piccolo ruolo di tecnico del suono. Ray Manzarek era interpretato da Kyle McLachlan, all’epoca al culmine della sua popolarità grazie alla serie Tv di Twin Peaks.
Rispetto alla scena del film, c’è una differenza nella realtà storica della partecipazione dei Doors all’Ed Sullivan Show:, nel quale fu loro intimato di non cantare una frase di Light My Fire, ritenuta per quel periodo troppo spinta; nel film Morrison, contravvenendo al divieto impostogli dalla censura, canta lo stesso la frase incriminata e pone l’accento
sulla parola “higher” come gesto di sfida. Nella realtà JimMorrison accentuò maggiormente la parola “fire”, ma solo per dar maggior enfasi alla canzone. A proposito della censura, ci sono due versioni: Jim Morrison disse in seguito che era sua intenzione non cantare la frase censurata, ma che era talmente emozionato nell’andare in tv davanti a tutta l’America, che se ne dimenticò e cantò la canzone come originariamente era stata
scritta. Ray Manzarek, invece, disse che di comune accordo il gruppo finse di sottostare alla censura, per poi cantare Light My Fire anche con
la frase censurata.
Il film ebbe un buon successo, ma non mancarono le critiche. Le più freoci arrivarono proprio da Manzarek, che accusò Stone di aver descritto Jim Morrison come un pazzo drogato e ubriacone, tralasciando la sua vena poetica ed ironica: “Jim era un ragazzo pieno di spirito e sempre pronto alla risata – affermò il tastierista della band in un’intervista -, mentre nel film non lo si vede ridere nemmeno in una scena.”
A cura di: Mauro Gresolmi
Graphic work by: Francisco Rojos
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