Ho conosciuto Puerto Rico nel maggio del 1988. Nei mesi trascorsi a suonare a
New York avevo tanto sentito parlare di quest’isola ed ero ansioso di visitarla.
Per quanto siano passati tanti anni, l’isola mi fece un’ottima impressione e,
vista con gli occhi di allora, la presenza della salsa mi era sembrata tangibile
in ogni suo angolo recondito. A parte la musica che le radio locali
trasmettevano in quantità, tutte le discoteche di San Juan offrivano serate di
salsa, magari intervallate dagli ultimi successi della disco music.
I locali di allora erano concentrati nei grandi alberghi ed erano frequentati
soprattutto dalla classe media. Mi ricordo che c’era il Mykonos (nell’hotel La
Concha), il Juliana (nell’Hotel Hilton), l’Isadora (nell’Hotel El Condado) e
l’Amadeus (nell’hotel El San Juan). Locali dove a distanza di anni, purtroppo,
della salsa non vi è più traccia.
Negli anni successivi sono tornato a Puerto Rico più volte, ma sempre per brevi
periodi. Solo a partire dal 1994 ho cominciato ad avere una relazione più
duratura e costante con la isla del encanto.
Nel 1994, la salsa godeva ancora di una certa popolarità. Si ballava in locali
come il Peggie Sue (noto ritrovo giovanile dell’epoca), il Copacabana (dove era
possibile assistere contemporaneamente allo show di tre o quattro orchestre di
salsa) e infine Los Años 2.000, una delle balere più grandi dell’isola. Ma già
il movimento salsero dava dei forti segnali di declino, mentre un crescente e
inaspettato successo cominciava ad avere il merengue anche grazie alla presenza
nella isla del encanto di una foltissima comunità dominicana.
Gli anni dal 1995 al 1997 sono quelli più critici: il Copacabana chiude i
battenti, così come Los Años 2.000 (che riapre solo qualche anno dopo con il
nome di San Juan Chateaux) e così i pochi salseri rimasti si ritrovano o il
giovedì all’hotel Sands (in una serata ironia della sorte denominata “Noches de
Nueva York”) o in piccoli locali periferici come il Coabey e il Tropico ad
officiare il rito della cocolìa (“cocolo” è il nome in cui i salseri di Puerto
Rico vengono affettuosamente chiamati).
Potete immaginare la sorpresa mia (e di tutti gli italiani che hanno visitato
Puerto Rico in quegli anni) nello scoprire come, oltre al merengue, cominciasse
a furoreggiare una nuova corrente musicale, il reggaeton, che guardava più agli
Stati Uniti che all’America Latina.
In quegli anni a tenere in alto la bandiera della salsa, oltre alle storiche
orchestre portoricane, c’erano in particolare i maestri Papito Jala Jala
e Chacha Seguinot che hanno avuto il pregio di riunire i migliori talenti
dell’isola come, ad esempio, Felipe Polanco, Vivian Ayala, Tania Santiago,
Tito Ortos Gutierrez, Jorge Santana, Iesus Aponte, Fito Bataola, Angel Martinez,
Ingrid Reyes, Dianne Sierra, David Ortiz, Rossana González, Janet Orta, Norma
Rivera, che a loro volta hanno saputo divulgare (da soli o con i loro gruppi
di ballo) il verbo salsero non solo in patria ma persino in Europa)
Le cose cominciano a mutare verso la fine degli anni ‘90. Ci sono, infatti, due
eventi che avranno una fondamentale importanza per il futuro della salsa a
Puerto Rico:
1° Nel luglio del 1997 si tiene a Puerto Rico il 1° Congresso Mondiale della
Salsa. L’evento ideato dagli impresari Eli Irizarry e Luis Segarra
(in collaborazione con la ballerina Quetcy Olmo) nasce con l’intento di
riunire a Puerto Rico alcuni fra i più bravi ballerini del mondo. Questo evento
ha avuto indubbiamente il merito di rilanciare nella isla del encanto
l’interesse per la salsa, stimolando, allo stesso tempo la nascita a Puerto Rico
di nuovi gruppi di ballo.
2°L’anno successivo il maestro Tito Ortos Gutierrez si fa promotore,
insieme al comune di San Juan, di un progetto educativo che si propone in forma
gratuita di insegnare alla gente a ballare Salsa, con il fine proprio di
conservare e mantenere vive le proprie tradizioni.
Il progetto, che dura ancora oggi, ha un grandissimo successo al punto da essere
stato abbracciato da altri comuni ed oggi sono migliaia i portoricani che hanno
cominciato a prendere lezioni di salsa alimentando così la febbre per questo
genere che oggi sta vivendo una seconda giovinezza, anche grazie al calo di
popolarità che nel frattempo ha subito il reggaeton (paradossalmente oggi più
amato a Cuba che nella stessa Puerto Rico).
Oggi, finalmente Puerto Rico è tornata ad essere la culla della Salsa. Un vero e
proprio rinascimento musicale, testimoniato da una incredibile ed incessante
attività concertistica (appoggiata anche dai 78 comuni presenti nell’isola) e
dall’apertura di nuove scuole e nuove sale da ballo.
Enzo Conte
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