A tutto ciò che compare per la prima volta è necessario dare un nome. La
musica non ha fatto eccezione a ciò: noi oggi usiamo il termine "salsa"
per definire questo genere, ma da quando lo si usa? Da dove deriva? Chi è stato
il primo artista ad usare la parola "salsa" sulla copertina di un disco?
Richie Viera, Javier Santiago e Jaime Torres, tre storici
portoricani, dopo aver fatto una ricerca in proposito, ci rispondono.
Richie Viera afferma che nella decade degli anni 50 si ascoltavano molti
ritmi latini, come il son montuno, il cha cha cha, il mambo, la rumba, la
guaracha; da allora si iniziò a cercare un termine che li raggruppasse tutti,
che potesse riassumere tutta questa miscela di ritmi.
Al genere della salsa si cercava di dare un nome, e allora si iniziò a chiamarla
"Swing", dopodiché Jerry Masucci cercò di chiamarla "nuestra cosa
latina", ma risultava troppo lungo e poco efficace.
Un momento chiave nella storia di questo genere fu nel 1966, quando Richie
Ray affermò che la musica che faceva era "ketchup", intendendo dire che
fosse un miscuglio. Da lì iniziò ad uscire il termine "salsa", creando
un’analogia tra i ritmi afrocubani e la gastronomia caraibica. Un altro momento
decisivo fu quando Richie Ray e Bobby Cruz aggiunsero al loro
disco, intitolato Los Durisimos, il sottotitolo Salsa Y
Control: fu questa la prima volta che la parola "salsa" apparve
sulla copertina di un disco. La salsa aveva così i suoi primi re e questi erano
Richie Ray e Bobby Cruz.
Il giornalista Jaime Torres sostiene che la parola "salsa"
raccoglieva la diversità dei ritmi afro-.caraibici, ed era il termine
commerciale utilizzato dall’etichetta discografica Fania a partire dal
1971. Dello stesso parere è anche Javier Santiago, direttore della
Fondazione Nazionale per la Cultura Popolare di Portorico. Fin dai primi anni
con la parola "salsa" si voleva etichettare non solo un nuovo genere
musicale, ma anche una diversità di culture latine che erano confluite a New
York: in quegli anni si potevano trovare dominicani come Johnny Pacheco,
portoricani come Tito Puente ed Eddie Palmieri, cubani come
Justo Betancourt; la loro musica, le loro culture e tradizioni davano vita
ad un nuovo stile musicale e culturale. Il termine "salsa" acquisiva una
popolarità sempre maggiore, nonostante più di un arista era piuttosto restio
nell’usarla.
A questo proposito Vieira spiega che Tito Puente solo nella sua
ultima intervista accettò di chiamare "salsa" il genere che lui suonava:
per lui la salsa era quella che si metteva sugli spaghetti. Tito era "il
re del mambo" e durante la sua carriera ha sempre rifiutato di accettare la
salsa come genere musicale, affermando più volte nelle sue interviste che
l’unica salsa che conoscesse era quella della marca Huntz. Allo stesso modo
Celia Cruz parlava di guaracha e di rumba, Eddie Palmieri di ritmi
afrocubani e afroboricua. Willie Colon sosteneva che non bisognava
accostare la parola "salsa" ai ritmi afrocubani: diceva che si poteva
fare un concerto di salsa di due ore senza suonare un solo ritmo cubano.
Un ulteriore impulso al termine,aggiunge Santiago, arrivò dagli
anglosassoni quando aggiunsero al Grammy Award il genere salsa alle due sole
categorie di musica latina esistenti a quell’epoca.
In tanti in questi anni hanno dato una loro versione dei fatti, ma quello che
conta è l’importanza che questo genere ha assunto e l’eredità di note ed
emozioni che ci ha lasciato.
Mauro Gresolmi
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