MIRKO CASADEI: Remambo Caribe e Sudamerica

MIRKO CASADEI: REMAMBO CARIBE E SUDAMERICA
Colloquio con il leader, cantante e compositore della Beach Band. Ci parla del nuovo disco “Do You Remambo?” e di una tradizione musicale che si rinnova da ottant’anni.

di Gian Franco Grilli

Fondata negli anni Venti da Secondo Casadei, la storica orchestra di ‘liscio’ continua a divertire il pubblico grazie alle nuove generazioni della famiglia musicale romagnola. Dopo il grande rilancio degli anni Settanta ad opera di Raoul, all’inizio del Duemila il testimone è passato a Mirko che ha allargato le frontiere dell’Orchestra sconfinando nei Caraibi e in Sudamerica. E’ al suo secondo album, “Do You Remambo?” (Saifam Group, distr. Self), un progetto ricco di colori e sapori musicali internazionali che sta portando in giro per l’Italia con una nuova tournée. In questa conversazione Mirko ci ha parlato del disco, del suo pensiero musicale e della sua band, e della lunga storia della tradizione famigliare che sforna note da decenni per gli amanti del ballo popolare italiano (www.casadei.it).
Al termine dell’intervista potrete scoprire gli ingredienti e i riferimenti principali che abbiamo rintracciato durante un velocissimo preascolto delle tredici tracce.


Come vivi la dualità di giovane musicista innovatore e di depositario di un antico stile? E per lanciare nuove immagini non credi che un ‘marchio’ tradizionale possa condizionarne il risultato?

Certo, ci sono i pro e i contro con un nome storico come il mio, che ha attraversato diverse generazioni. Ottant’anni di storia sono tanti, il pubblico è cambiato. E’ naturale che vi sono delle difficoltà nello sdoganare un marchio così importante, ma anche molti vantaggi per emergere in un mercato così fitto.


Sei figlio d’arte. Puoi farci un breve ritratto di questa tradizione famigliare?

Nel 1928 è stata fondata l’orchestra da Secondo Casadei, zio di Raoul e quindi mio prozio. Mio padre Raoul, che nel Sessanta era chitarrista dell’orchestra, all’inizio del Settanta ha preso le redini della band rilanciandola con nuovi successi del liscio come ‘Ciao mare’, ‘Simpatia’ ecc. , brani che hanno rinnovato la tradizione. Erano le prime canzoni da ballo, poi nel 2000 sono entrato nel gruppo e Raoul ha appeso la chitarra al chiodo per lasciare spazio alla terza generazione.


E allora mostraci la ‘carta d’identità’ del leader della nuova generazione.

Sono nato il 19 agosto del 1972 (quando è nata anche ‘Ciao Mare’). Artisticamente ho cominciato facendo l’animatore-Dj in alcune discoteche della Riviera romagnola, poi in una sorta di discoteca galleggiante, la Nave del Sole che partiva da Cesenatico. Non era ‘liscio’ ma si trattava di un repertorio festaiolo, con canzoni anni Sessanta e Settanta, animazione e coinvolgimento del pubblico nel canto e nel ballo. Spirito che oggi ho trasferito nella band, perché quello che proponiamo non è un genere ben definito, ma un frullato di ritmi, sonorità e tanta animazione, come fosse Capodanno.


Sei cresciuto tra liscio e canzonette, ma come ti sei avvicinato al mondo della musica?

Sono sempre stato in mezzo all’ambiente, strimpellavo la chitarra, andavo a scuola di canto, avevo un piccolo gruppo che suonava musica dei Doors, underground, ecc. ma ero un po’ distante dai professionisti della musica, cui mi sono avvicinato tardivamente, anche se lavoravo dietro le quinte dell’orchestra. Quando ho capito che serviva una nuova impronta per continuare a raccontare la storia dei Casadei, ho deciso per questa nuova avventura con la Beach Band che traduce il mio pensiero musicale.


Il giovane rocker Casadei aveva idoli nazionali e internazionali, che musica ascoltava e ascolta?


Sono molto nazionalista e il mio idolo supremo è Vasco Rossi, che ho ascoltato anche la settimana scorsa ad un grande concerto e lo seguo sin da quando ero ragazzino. Oltre a Vasco ascoltavo Doors, Rolling Stones, e negli ultimi anni mi sono dedicato a Shaggy, hip hop, musica caraibica e altri generi.


Con la band hai fatto tournée caraibiche e sudamericane. Vuoi riassumere quei viaggi sonori?

Quello di allargare le frontiere, globalizzando la nostra musica, è stato uno dei miei obiettivi e fa parte dello spirito rigenerativo. Mi piace moltissimo esplorare nuovi mondi, e così cinque anni fa all’Avana c’è stato un incontro sonoro bellissimo presso la Casa de la Amistad: la nostra orchestra con repertorio italiano e internazionale e il gruppo cubano Jovenes Clasicos del Son. Una piccola sfida molto allegra, divertente in musiche e balli. Una bella iniziativa di interscambio culturale: i bravissimi ballerini cubani hanno interpretato i balli romagnoli mentre una nostra formazione ha danzato ritmi cubani. Poi è terminata in una jam session partendo da ‘Guantanamera’. In seguito abbiamo fatto un tour per girare un videoclip, scattare foto e conoscere artisti locali, che ho trovato eccezionali. A Cuba contiamo di tornare nell’ambito di una manifestazione promossa da entità culturali ed economiche italiane. Forse andrà in porto entro quest’anno un tour a Santo Domingo dove non siamo mai stati. Invece abbiamo suonato in Brasile e in Argentina. A San Paolo, è stata un’iniziativa ricchissima di allegria, esplosiva anche in contesti insoliti: ricordo che in un incontro tra il pubblico c’erano manager, politici, diplomatici ecc. incravattati e a un certo punto le cravatte sono state ‘strappate’ dal divertimento.
In Argentina, abbiamo lavorato a Mendoza, area di tango che in qualche modo sfiora anche la nostra tradizione, quella del tango romagnolo. Serate indimenticabili con un clima speciale dovuto all’aspetto sonoro ma anche alla voglia degli italo-argentini di scoprire i sapori attuali dell’Italia.


Mirko Casadei Beach Band. È un orchestra balneare, solo per l’estate, all’insegna del ”tutti al mare” oppure è una band stabile con un repertorio che trasforma tutto l’anno la balera in una spiaggia permanente?

Beach Band non ha stagioni e segna per noi un provenienza precisa: Rimini, Riccione, la riviera che rappresenta la vacanza, l’allegria per milioni di persone ogni anno. E ce ne rendiamo conto girando il Paese quanto sia apprezzata la nostra terra. Quindi vogliamo rappresentare così la nostra zona e Beach Band è anche un gioco di parole tra big band e beach boys.


I testi delle canzoni dedicati alla riflessione e a tematiche sociali non rientrano però nella tradizione famigliare…

In questo momento vogliamo dare segnali di spensieratezza e di allegria, semplice, senza entrare nei temi importanti che sono nella testa di tutti. Anche se non dobbiamo dimenticare che nella nostra storia musicale vi sono tante canzoni sui valori come quello della dell’amicizia e della famiglia, tematica, quest’ultima, che esprimiamo e rappresentiamo continuando la grande tradizione dei Casadei.


L’album “Do You Remambo?” è la sintesi estrema di una veloce passeggiata tra generi centro-sudamericani, ne raccoglie gli elementi che stanno in superficie e li unisce in modo bilanciato con pop e folk italiano. E’ così?

E’ una grande macedonia di sonorità e ritmi colorati, un melting pot di ballo italiano contemporaneo con le varie influenze globali, derivanti un po’ dalle nostre esperienze musicali e un po’ anche dal mondo globalizzato. Infatti il pubblico che partecipa ai nostri spettacoli è sfaccettato, oltre agli italiani ci sono le varie etnie che vivono in Italia. Eppoi il nostro Paese è stato influenzato tantissimo dalla musica e dai balli latini.

Quando si parla di musica latina spesso notiamo imprecisioni nel definire uno stile, nella collocazione geografica di un ritmo o nell’uso di vocaboli. Mambo cosa significa per te?
Hai ragione e soprattutto dal punto di vista tecnico. Nel nostro caso, mambo è la traduzione di ballo, come dire “ti ricordi di quel mambo che abbiamo ballato insieme… che ci ha fatto innamorare…” .


C’è anche un tentativo inconscio di traghettare gli amanti del ballo ’liscio’ (che oggi comprende anche la musica rock-pop anni Sessanta, Settanta e Ottanta) verso la salsa oppure niente di questo?

Il liscio di oggi, come hai detto tu e al di là dei grandi numeri che continuano a decantare, ritengo sia un mondo leggermente polveroso. Il mondo latino, invece, ha caratteristiche ben precise; e quindi la mia proposta musicale è una soluzione alternativa, per una serata divertente, festaiola. Più che un avvicinamento al mondo latino vedo il mio progetto come un polo equidistante, meno tecnico, che può incuriosire gli amanti del ballo latino e quelli del liscio, dove si può danzare con semplicità salsa, mambo, swing e anche altri generi lontani, senza la pretesa di occupare spazi già ben delimitati.


Parlando di musicisti italiani in generale, non credi che nonostante l’alto livello professionale raggiunto dai nostri strumentisti manchi a loro lo swing e la pronuncia vocale e strumentale tipica degli artisti latinoamericani?

Sì, i latini hanno un ‘tiro’ unico, ce l’hanno nel sangue. In realtà la nostra è un po’ una esplorazione, una contaminazione, ma loro, ripeto, hanno quel ‘tiro’ in più, forse ineguagliabile. Come d’altro canto – ma su un piano diverso, per carità – è qualcosa che succede anche nella nostra musica tradizionale: jazzisti o grandi esecutori con cui ho parlato considerano molto difficile riprodurre con esattezza il ‘liscio’ se non sei nato in quel mondo. Quindi suonare musica latina o tradizionale come quella romagnola non è un fatto tecnico, ma di sangue, di ambiente, di passione.


Senti un parallelo tra orchestre popolari come la vostra, Casadei, e orchestre latine che continuano il cammino senza i loro fondatori?

Ci sono elementi comuni nel portare avanti tradizioni, concetti, idee, culture di una comunità. Noi, forse, siamo un po’ più pazzi, nel senso che tentiamo spesso innovazioni.


Ti consideri un ambasciatore della tradizione della Romagna o questo ruolo, obsoleto per i tempi che viviamo, non ti senti di incarnarlo?

E’ un orgoglio rappresentare la mia terra, che ho nel sangue e che amo ancora di più da quando sento moltissima gente considerare la nostra zona come un’isola felice, un luogo dove vorrebbe vivere o trascorrere molto tempo. E’ chiaro che noi oggi cerchiamo di interpretare un ballo più italiano, internazionale, qualcosa di più globale, però con le caratteristiche dei romagnoli, di allegria ecc. E l’ultimo disco credo sia l’esempio di questo nostro concetto di internazionalizzare la musica.


Le innovazioni vi hanno portato critiche dai puristi del liscio?

Critiche tantissime quando si fanno passi coraggiosi, ma le innovazioni sono necessarie e pagano, l’attualità e il futuro sono le chiavi di volta per continuare una storia così lunga. Questo è stato il segreto per i nostri ottant’anni. Sempre criticati, ma il cambiamento ci ha portato avanti rispetto ad altri che sfruttavano solo l’esistente. Tradizione e modernità è una discussione perenne. Ma ora sono felice delle nostre scelte che trovano ampio consenso del pubblico e dei media.


E qual è il target dei vostri fan?

Molto originale, particolare e soprattutto trasversale. Ci portiamo dietro una tradizione importante quindi anche un pubblico con una certa età ma che apprezza le novità, l’evoluzione. E mi piace perché il pubblico storico dei Casadei non vuole essere messo in un angolo dall’età e accetta queste idee nuove. Oltre a questo zoccolo duro, al centro del nostro target ci sono le famiglie, eppoi persone dai 30 ai 45 anni aperte alle nuove musiche. E questa nuova tendenza è seguita soprattutto da molti giovani nel Centro Sud.


Nel repertorio dell’orchestra quanto spazio è dedicato alla musica latina e quali sono gli evergreen che suonate più spesso? C’è ancora il girone dei successi sudamericani o… ?

Facciamo sempre qualcosa di internazionale: dai classicissimi ‘Besame Mucho’, ‘Historia de un Amor’,’ Sabor a Mi’ a pezzi storici molto orchestrati e con arrangiamenti potenti grazie ai nostri cinque fiati. Non solo latini ma anche standard come ad esempio ’In The Mood’.


Brevemente com’è composta la formazione?

5 fiati (2 trombe, 1 trombone, 2 sax); percussioni (timbales, congas, bongos) chitarra, basso, batteria, fisarmonica e tastiere, 2 voci. Oltre a cantare io sono autore dei nostri brani che spesso scrivo con la collaborazione di altri.


Nuovo disco in vista?

Abbiamo appena sfornato “Do You ReMambo?”, ma la ricerca musicale non si ferma mai e quindi il pensiero è già rivolto al futuro, ovviamente tenendo sotto controllo l’andamento di questo disco.

       

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Tredici sono le tracce del cd, tra cover e inediti, con testi in italiano che si alternano a brani cantati in inglese, spagnolo e portoghese. In via eccezionale giochiamo a rintracciare alcuni ingredienti presenti nelle tredici tracce? In due parole ti segnalo cosa ho percepito e chi ho ‘visto’ e tu ci offri la risposta esatta, ok?

Interessante.


Traccia 1, ‘Se Ti Regalo Un Fiore’: versione italiana di ‘Gimme Little Sign’ di Brenton Wood, grande successo in testa alle classifiche italiane nel maggio 1968. Un tema con riflessi di tango e su un tempo di cha cha chá.


Esatto.


Traccia 2, ‘Voglio Andare Al Mare’: hai mescolato la clave della musica cubana e della salsa ai timbri di Vasco.

Sì, ho interpretato un Vasco Rossi a prova di salsa.


Traccia 3, ‘Do You Remambo?’: qui il mambo fa il verso sia a Raffaella Carrà sia a Jovanotti quando si cimentano con il mondo latino.


Giusto, è verissimo (ride).


Traccia 4, ‘Un Ritornello Molto bello’: un mix caliente di twist, rock & roll, hip hop, rap.

Sì, anche se noi diciamo shake perché ci piace ricordare la moda dello shake, ma in realtà è come hai detto tu, rap eccetera; si tratta poi di un pezzo nato in un altro momento storico ma l’abbiamo inserito perché è divertente.


Traccia 5, ‘La Paranza’: qui tornano gli accenti di mambo con la collaborazione di Kid Creole & the Coconuts.


Ok. Un dettaglio, siccome ‘la Paranza’ in originale è suonata live, noi abbiamo fatto il contrario: è l’unica traccia del cd in parte programmata, c’è un loop sotto ecc.

Traccia 6, ‘Da Ieri Sera Solo Lei’: è un cha cha chá con soul, r&b alla Zucchero Fornaciari.
Sei proprio un esperto (ride). Effettivamente a questo tema ha collaborato Bengi, il cantante dei Ridillo, quindi c’è questa vena r&b, funky con cha chá.


Traccia 7, ‘I Feel Good’ : questa cover di James Brown – ma che ricorda anche brani e stile della band Joe Tex (anni Settanta) – è un r&b con pop sostenuto da ritmica latina e accenti di chitarra hawaiana.

Esatto. Qui abbiamo azzardato un po’, con un tempo pari… ma è risultata una versione simpatica.


Traccia 8, ‘C’è Una Strana Espressione Nei Tuoi Occhi’: la cover dei The Rokes di Shel Shapiro, impostata su ritmo di ska, reggae, con la fisarmonica che tinge di tango e il sax che parla jazz.

Verissimo. Anche questo fa parte dei sapori del nostro gruppo, 11 musicisti molto bravi, e la fisa -con accenti moderni- cerchiamo di tenerla sempre in primo piano: qui si mescola col sax come fosse un jazz-party.


Traccia 9, ‘Tutto Nudo’: è un brano che va oltre il classico confine caraibico, pesca in Louisiana accenti di ritmo Zydeco e li sposa con il modo di orchestrare e cantare alla Paolo Belli.

Hai colto nel segno perfettamente. E tra l’altro il pezzo è stato ideato e poi proposto inizialmente proprio a Paolo Belli.


Traccia 10, ‘El vagabundo’: la famosa canzone di Augusto Daolio dei Nomadi (dalla pianura Padana), a tempo di reggae giamaicano con il contributo di un brasileiro, cantata in lingua portoghese. Un bel melting pot.

Sì, perfetto. Qui è in evidenza il brasiliano della nostra band Gil Da Silva (voce, tromba e percussioni, e fa anche l’animatore) e ne esce un ritmo strano: reggae, cantato in portoghese, brano italiano/padano/emiliano. E’ una versione reggae con qualche effetto dub, basso un po’ gonfio ecc. Questo è un omaggio a Daolio e al mio grande amico Beppe Carletti: le nostre storie, in qualche modo, sono abbastanza simili.


Traccia 11, ‘Faccio Il Bravo’: un mix di bachata, cha cha chá e tango con vocalismo alla Vasco.

Certo, e amando Vasco Rossi si va a finire che la voce corre da lui. Questa è la traccia più soft dell’album, un testo nato da idee mie e di Bengi dei Ridillo.


Traccia 12, ‘Cold Shower’: un misto di cha cha chá con disco latino.

Esatto, e abbiamo messo in pratica nel disco la lunga collaborazione che esiste nei live con Kid Creole e le sue mitiche Coconuts. E ci siamo divertiti molto in studio a fare questa versione giocosa, che poi era il singolo del mio primo disco “Doccia Fredda” che Kid ha tradotto.


Traccia 13, ‘Poesia y Melodia’: un pezzo di rumba gitana, ballad, con pop cantato in spagnolo.

Sì. Questa è nata durante vari soundcheck nei live con lo straordinario musicista Mario Reyes (chitarrista-cantante della Gipsy King Family, che tra l’altro ha cantato con Andrea Bocelli ecc.). Ad ogni sound check trovavamo qualche parola in più per la canzone: così è nata questa ballata.

Foto di M. Polverelli, fornite dall’ufficio stampa di Parole & Dintorni che ringraziamo per la collaborazione.

Gian Franco Grilli

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