Vinicius Cantuária
Cymbals
Naïve, 2007
E’ cresciuto con le tradizioni dell’Amazzonia, si è innamorato del rock, ha contribuito a rinnovare la bossa nova, ha suonato con le band dei tropicalisti Gilberto Gil e Caetano Veloso e gli apostoli della musica brasiliana come Chico Buarque de Holanda, da solista ha firmato sei album, poi ha abbandonato il Brasile che gli stava stretto. Questo, in sintesi, è stato il percorso del chitarrista-cantautore-percussionista Carlos Vinicius Silva Cantuária fino al 1993, quando da Rio è volato a New York per innestare melodie e ritmi della sua terra sulle musiche del mondo. E nel 1996, all’ombra della Grande Mela, arrivano a maturazione i nuovi frutti che Vinicius Cantuária raccoglie nel primo cd made in Usa intitolato Sol Na Cara. Seguiranno altre cinque produzioni e da poche settimane è nato l’ultimo disco statunitense: Cymbals. Se il titolo è un chiaro omaggio ai piatti alla batteria, cymbals appunto, e per estensione alle percussioni con cui avvenne l’esordio musicale di Vinicius, in generale possiamo considerare questo album anche un dono alle sue origini, alla sua terra, complice l’inevitabile saudade. La nostalgia, quel rimpianto melanconico che prima o poi attanaglia chi vive lontano da casa, come Cantuária, che ora cerca di lenire con 11 nuove canzoni, di cui alcune sono reinterpretazioni del miglior repertorio della musica popolare brasiliana. Una piccola svolta – momentanea, forse – rispetto alle sperimentazioni e alle contaminazioni trasversali operate fin qui dal compositore. Ma senza tradire totalmente la propria estetica e i punti di riferimento che hanno contribuito alla crescita della sua immagine internazionale. Infatti, per questa gita tra sentieri brasiliani, Vinicius sembra voler farsi accompagnare da alcuni nomi prestigiosi – con cui collabora da anni – e forse con un duplice obiettivo: da un lato, ringraziare gli ospiti-collaboratori di questo viaggio svelando i segreti musicali di casa (solo per amici intimi), e dall’altro, come monito a se stesso per non lasciarsi comandare dal cuore e rispettare le diverse sensibilità musicali dei partner, che inconsapevolmente si ritrovano il compito, una volta esaurite le ‘escursioni sudamericane’, di riportare il nostro in terra nordamericana. Tra questi partner e ospiti speciali di Cymbals, il pianista jazz Brad Mehldau, il trombettista Michael Leonhart (ex Steely Dan), il talentuoso chitarrista Marc Ribot , la violinista Jenny Scheinman, il violoncellista Eric Friedlander, il percussionista Marivaldo dos Santos.
Ma veniamo all’album: una conversazione a più voci tra musica brasiliana, world music, jazz e un poco di ritmo caraibico. Che arriva subito con Galope, prima traccia, e quella che piacerà di più ai nostri lettori perché si tratta di un gradevole e ballabile mix a tempo di son –cha (stile Buena Vista/Ry Cooder, tanto per capirci) con spruzzatine di morna, fado, tango e jazz. Poi nell’ordine: Voçe e eu, bossanova impreziosita da piano jazz; Chuva, samba che flirta con pop, ‘scortato’ da fiati; poi un omaggio a Jobim con la cover Vivo Sonhando, pietra miliare nella storia del jazzsamba (consiglio l’album Getz/Gilberto -Stan Getz, João Gilberto, Antonio Carlos Jobim – Verve,1963); Voce Esta Sumindo, samba carioca con ricami di Brad Mehldau; Prantos, aria melanconico-romantica tra saudade capoverdiana, timbri cameristici, intrecci di chitarre; O Batuque, magico ritmo di afrosamba-etnojazz cofirmato con Nana Vasconcelos; Ominira, samba con afrofunk, scritto da Vinicius con la beninese Angélique Kidjo; più rilassante Tua Cara, con il sax di David Binney che cita gli anni Sessanta con una voce seducente e tersa ispirata a Stan Getz, l’artefice della contaminazione fra jazz e bossa nova; Champs du Mar, dolce melodia sfumata in ambiente parigino; To You, swingante dialogo chitarristico di Cantuária e Ribot inframezzato da hit hat.
Dopo 41 minuti di ascolto tra i suoni e i colori di questa tavolozza a sfondo di samba e bossa nova con sapienti pennellate di jazz e world music, mi rendo conto che anche un pezzo di legno come me ha mosso i fianchi avanti e indietro al ritmo rilassante e ondeggiante che attraversa quasi tutti gli undici brani. Quel ritmo innato che hanno i latinoamericani, ma che nessuno (non me ne vogliano gli esclusi) sa esprimere con la sensualità impareggiabile delle bahiane, delle sambiste di morro e dei ballerini cubani e portoricani.
GianFranco Grilli
Lascia un commento