Parla Emilia Morales
La vocalist cubana è l’invitata speciale nella tournée europea 2007 de Los Trinatarios.
Ecco la conversazione raccolta pochi minuti prima del concerto bolognese del 5 agosto.
Dati anagrafici e quando inizia il tuo percorso dentro il canto?
Sono nata nel 1959. Ero molto piccina quando mi avvicinai alla musica in Sancti Spitirus, la mia bellissima città, al centro dell’Isola, dove continuo a vivere. Oltre al canto, studiai pianoforte cinque anni, poi – presso la Scuola d’Arte provinciale – studi di direzione corale e più avanti all’Istituto Superiore d’Arte dell’Avana per il Diploma in Canto. Furono cinque anni di preparazione completa sul Bel canto, dal secolo XVI ad oggi, Opera, Canzone… di tutto.
Ma chi e cosa ti ha spinto alla musica?
Beh, il ‘virus’ dell’arte viene dalla mia famiglia che aveva il Sexteto Los Palmeros, facevano da dilettanti musica tradizionale nelle zone rurali di Sancti Spiritus.
Ah! Pertanto dovresti aver ereditato anche la cultura del Punto cubano?
Sì, esattamente il Punto Trinitario o Spirituano. Perché ogni città si differenzia nella clave e nella tonadas (periodo musicale su cui si canta il testo in décima – NdA).
Parliamo delle tue produzioni e collaborazioni musical.
Ho registrato con varie orchestre. Ad esempio con Las Estrellas de la Charanga, dove tra gli ospiti ci sono anche Omara Portuondo, Pedrito, e altri; con diverse Charangas: de Oro del maestro Loyola, Orquesta America, Aragón, Jorrín.
Il tuo stile preferito?
Della musica tradizionale cubana quello che coltivo maggiormente è il bolero, nelle sue varie coniugazioni con son e moruno.
A trecento metri da qui, vent’anni fa quando la musica cubana era poco apprezzata e prima che scoppiasse il fenomeno Buena Vista Social Club, si esibirono Omara Portuondo, Martín Rojas, Adolfo Pichardo…
…ah, oye eso! davvero? Con Omara ho realizzato un disco in duo, con cui ho avuto l’onore di condividere scenari internazionali, e anche con altri grandissimi della canzone cubana, come Elena Burke.
A Cuba dove lavori maggiormente?
In particolare nei clubs Dos Gardenias e El Gato Tuerto dell’Avana, canto dal vivo accompagnata dai gruppi base che suonano nel locale. Di solito, con piano, chitarra e percussione.
Non vorrei essere indiscreto, ma quanto guadagna un artista come te a Cuba?
Beh, dipende dal salario mensile fisso, e dai contratti, dalla categoria che uno ha. Per esempio: per gli spettacoli in moneta nazionale chiedo da 1.000 a 3.000 pesos. Mentre nei locali in moneda convertible, come il Gato Tuerto, Dos Gardenias, l’equivalente di un salario circa 100 chavitos (dollari) al mese, per quattro concerti alla settimana.
Non è poco?
Sì, non è tanto, ma tu sai come siamo noi cubani. Siamo qualcosa di molto speciale, ci manteniamo saldi e con grande forza morale.
Va bene, ma molti musicisti se ne vanno…
Come succede del resto in molti paesi, dove la gente emigra cercando un po’ di sviluppo, maggiori risorse economiche. Io credo che sia più per un motivo economico che politico. Come accennavi tu prima, i nostri musicisti se ne andavano negli Usa prima del ’59. Ma il mondo intero in questo momento è in una fase di grande squilibrio. Lo puoi vedere in Messico, dove tutti i giorni cercano di passare la frontiera, qui in Italia con i flussi di stranieri che arrivano da ogni parte, in Spagna ecc.
Noi stiamo subendo anche il ‘bloqueo’ da circa 50 anni, molto duro, però siamo incredibilmente resistenti. E ogni volta che un turista va a Cuba, si sente felice. Dove sta la magia? Forse nel sentimento, nel cuore del cubano.
E la chiacchierata termina qui, qualche secondo ancora e la voce di Emilia entra in scena. Grazie mille.
Foto: M.T. Salomoni
Gian Franco Grilli
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