Incontro con Alex Bello e Luisito Rosario
Conversazione a ruota libera con due artisti latini sul mondo latinoamericano, tra pelota, Bachata, Salsa, sopa de pollo e diritti.
di Gian Franco Grilli
Questa che vi propongo non è un’intervista classica, preparata nei dettagli e con cura. E’ una chiacchierata improvvisata, approfittando dell’occasione di avere in un solo colpo due protagonisti della musica latina internazionale: Alex Bello (AB) e Luisito Rosario (LR). Un bachetero e un salsero già noti ai lettori di Salsa.it, un colloquio a tre, raccolto durante la fiera Latina di Pesaro, con domande informali poste dal cronista-intervistatore ai due ospiti, che hanno risposto liberamente, fuori degli schemi abituali, interrompendosi l’un l’altro ma sempre in modo amichevole e spesso con ironia. “Dale rompe” (dai cominciamo)dice Luisito. E allora premo il tasto record per memorizzare le parole che sembrano voler uscire anche dagli occhi dei miei dirimpettai.
Cominciamo con po’ di dati anagrafici.
AB – Sono nato nella città di Santo Domingo, in una famiglia di musicisti. Mio nonno Chiche Bello era musicista e compositore di merengue tipico. All’età di 9 anni ho lasciato la Repubblica Dominicana per andare a vivere a Toronto (Canada) e durante gli studi liceali ho scoperto l’amore per la musica. Questo in estrema sintesi il mio carné de identidad.
LR – Sono nato nel 1968 negli Usa, New Jersey, esattamente a Hoboken, la stessa località dove vivono Jimmy Bosch, Frankie Ruiz, Los Hermanos Moreno. Ora risiedo ad Allentown, Pennsylvania, a circa un’ora e mezza di distanza da New York, e lì ci sono molti italiani, portoricani, domincani e un mix di altre comunità. A Puerto Rico sarei Luisito Rosario Marrero perché si usano entrambi i cognomi, del padre e della madre, mentre negli Stati Uniti si usa solamente quello paterno.
Per caso Los Hermanos Rosario sono parenti tuoi anche se sono…
LR – …dominicani e io invece sono di origine portoricana e sono más lindo (dice scherzando e ridendo) …
AB …siii, ma nel mio paese c’era un maestro importante che si chiamava Luisito Rosario, sassofonista, musicista molto bravo e famoso. E allora quando mi parlavano di Luisito io rispondevo che lo conoscevo, ma mi stupiva che cantasse salsa e mi sembrava raro e curioso al tempo stesso. E poi ho scoperto Luisito Rosario il salsero vero.
Alex, tu hai iniziato la carriera musicale in Canada pensando al sound occidentale che si ascolta in quei luoghi o a quello della tradizione dominicana?
AB – Devo dirti che io non volevo saperne di musica, la mia testa era nello sport e i miei sogni erano sul baseball, che praticavo attivamente. I dirigenti della squadra mi mandarono per sei mesi a una scuola di ‘pelota’ nella Repubblica Dominicana, lì conobbi una ragazza di cui mi innamorai e per esprimerle il mio sentimento imparai una bachata di Antony Santos che diceva così: Voy pa’llà, voy a buscar…. Quando decisi di dichiararle il mio amore lei mi disse che potevamo restare amici perché io dovevo ritornare in Canada e altre storie. E lì il mio cuore si spezzò.
E da allora ti iniziasti alla musica?
AB – No, avevo già studiato il basso per tre anni, poi abbandonai la musica per giocare a baseball e infine ritornai nuovamente al mondo delle note quando rientrai dalla Repubblica Dominicana. Cominciai con una orchestra di merengue che si chiamava La Banda Bella .
“Ahh… la Banda Bella, che casualità questo nome” interviene divertito Luisito “sì, claro, sfruttando il mio cognome – prosegue Alex Bello – io ero cantante, compositore e arrangiatore. Poi ci fu qualche incomprensione con il manager e ci separammo. In quella fase stavo pensando di lasciare la musica e il mio amico Monchy, che ascoltò una mia canzone dedicata a una fidanzata, mi spinse a continuare e mi incoraggiò a incidere quel brano perché – secondo lui – sarebbe divenuto un successo internazionale. Mi offrì la collaborazione dei suoi musicisti per registrare il tema, andammo a Santo Domingo e nelle discoteche fu una bachata romantica di grande successo: Amor mio. E francamente non pensavo che avrebbe riscosso tanti favori anche qui in Italia.
Per un latino dove sta la differenza tra bachata e bolero?
AB – E’ molto simile. L’unica differenza sostanziale è che la bachata ha un ritmo più mosso, il disegno del bongò è più sostenuto, ma le due forme condividono romanticismo e sentimento.
Luisito, parlami del tuo percorso.
LR – Io cominciai con la musica fin da piccolo in Pennsylvania dove vivo adesso. Ho cantato in un conjunto e il caso ha voluto che qualcuno parlasse di me al pianista Larry Harlow della Fania, soprannominato El Judío Maravilloso (L’ebreo meraviglioso), che mi invitò a cantare nella sua orchestra. Grandi artisti e cantanti collaboravano con lui, Adalberto Santiago, Junior González, Ismael Miranda, ma aveva bisogno di un altro cantante e così mi offrì questa opportunità. Ho lavorato anche con Los Hermanos Moreno facendo diverse tournèe in Europa, poi con un gruppo di New York. Finora ho realizzato due dischi come solista: Luisito Rosario è il titolo del primo (salsa romantica) mentre il secondo è Rumba del barrio, che è salsa dura.
Quali stili musicali venivano proposti dalla band di Larry Harlow?
LR – Solo salsa stile Nueva York e portoricana.
Sei entrato sul proscenio musicale in una fase difficile per la salsa e subito con una band importante.
LR – Sì è vero. E pensa che dissi a un amico – anche lui salsero – che avrei cantato con Harlow e non voleva credermi; quando poi scoprì che era vero rimase a bocca aperta. Ma io realmente non sapevo bene chi fosse Larry e quando me ne resi conto, non stavo nella pelle: ero a contatto con un prolifico produttore per la Fania, con il mondo di Jerry Masucci. Grazie A Larry Harlow sono arrivato sulla scena internazionale.
Alex, ora lavori come solista, ma hai l’orchestra che ti accompagna nei tour
AB Per la verità per la promozione del mio album Ábreme tu corazón non posso viaggiare con la mia orchestra per motivi economici e allora ricorro alla collaborazione di varie formazioni che trovo nei vari paesi. A volte invece mi servo delle basi.
Luisito, e tu…
LR – Ad esempio stavolta, qui in Italia, mi accompagna Croma Latina gruppo con il quale ho collaborato per un brano nel loro primo cd e quindi… Alcuni mesi fa gli ho inviato le partiture su cui lavorare per lo spettacolo.
Roberto Rabbi – recensore di Salsa.it – chiede a Luisito di spiegare come nacque la sua collaborazione con Croma Latina.
Quando venni a fare la promozione mi incontrai con i miei amici Mauro Catalini, Fausto Olmi e Rita e dalle conversazioni uscì l’opportunitá di questa collaborazione, una sorta di ‘Luisito Rosario featuring Croma Latina’. Abbiamo lo spirito di aiutarci reciprocamente, di unire le forze. In questo ambiente esiste non solo la concorrenza ma anche l’invidia, e allora cosa c’è di più bello che creare amicizia musicale a livello mondiale? Partiamo dal presupposto che c’è spazio per tutti e così è stato per il patto con Croma Latina.
Alex, ci elenchi brevemente i paesi dove hai lavorato? In Europa, nel Caribe…
AB – In Europa, soprattutto in Francia, Italia, Olanda, diverse volte in Spagna e in Germania. Poi in Honduras, Repubblica Dominicana, Ecuador e altri paesi sudamericani dove la bachata è molto apprezzata. A Cuba non ho avuto la possibilità di andarci e lì il mio genere è accolto diversamente dalla salsa, ma mi piacerebbe andare in quell’isola, anche perché ora bachata e reggaeton nel centro e in Sudamerica sono i due ritmi più in voga.
Alex, facciamo un passo indietro con la memoria. Com’erano le feste folkloriche di Santo Domingo quando eri piccolo?
AB – Con tanto merengue tipico, suonato con acordeón, o tradizionale con tambora e piano, un merengue dal ritmo molto più lento di quello odierno, ma tanta allegria tropicale.
Perché tra gli amanti del ballo latinoamericano il merengue è snobbato e fa fatica ad attecchire?
AB- Io penso che sia dovuto al fatto che molta gente viaggia a Cuba e questo si sa è un paese molto salsero. “E c’è molta influenza – interviene Luisito – che viene dalla timba cubana”. Se si frequentasse di più la Repubblica Dominicana – riprende Alex – forse si ballerebbero merengue e bachata. Tuttavia la salsa, genere con cui mi sono cimentato, ha uno swing che nessun altro ritmo latino possiede.
Non sarà che la gente considera il merengue come uno stile povero, statico, poco adatto a virtuosismi nel ballo …
AB – E’ una ipotesi credibile, la salsa è certamente più creativa del merengue, soprattutto rispetto a quello odierno che è abbastanza uniforme. Uno impara a ballare merengue dentro lo schema uno y dos, uno y dos, mentre la salsa offre più movimento, figure più ricche.
Prima si parlava di Juan Luís Guerra, l’unico caraibico che con merengue-bachata per anni ha conquistato veramente tutto il pianeta. E su quell’onda anche altri gruppi come Rokabanda, Cocoband tenevano alta la bandiera della Repubblica Dominicana. E’ solo una mia opinione o era così, un’epoca d’oro e poi le cose sono cambiate?
AB – Credo sia proprio così. Personalmente ritengo che ora non venga data abbastanza importanza ai nostri artisti, si sta facendo poco, anche se è vero che la musica in generale ha subito cambiamenti profondi però…
E invece negli Stati Uniti la musica latina coma sta di salute?
AB e LR rispondono all’unisono “Bene”. “E credo starà sempre meglio- aggiunge Luisito – perché pian pianino i latinos negli States stanno diventando una minoranza-maggioranza molto folta. Siamo milioni di persone e c’è tanta musica latinoamericana in giro, dalla messicana alla portoricana e dalle varie mescole nascono nuove opportunità con taluni paesi. Faccio un esempio: se collaboro con un ranchero mi si aprono le porte del Messico, lavorando con un bachetero avrò accesso più facile a Santo Domingo e così via.
Certamente l’artista guadagna nuovi pubblici, ma c’è chi sostiene che così facendo gli stili si snaturano un poco. Queste ibridazioni le ritieni veramente utili?
LR – D’accordo, c’è questo problema, ma importante è che ci sia creatività e mescolare è meglio per tutti. Questo è il mio pensiero, l’uomo deve creare, senza questo…
Per il bene della musica, non credi che gli artisti dovrebbero comunicare e a volte spiegare di più ciò che suonano, così da far crescere la cultura musicale dei ballerini e di chi ascolta durante i concerti, chiamare gli stili con il proprio nome così da orientare la gente? Cosa ne pensi?
LR – Sì, è una buona cosa che andrebbe fatta più spesso, da tenere presente. Ad esempio avviene durante la consegna dei Grammy Awards che premiano dicendo “questo è latinjazz, questa è salsa, ecc.” Sì, si può e si deve fare.
Siamo arrivati alla salsa. Secondo te, quanti sanno distinguere tra salsa e i ritmi di son montuno, mambo, guajira? Cosa viene dalla tradizione e…
AB E’ vero, a volte noi stessi latini ci confondiamo tra i vari generi. Sulla salsa ci sarebbe da fare un discorso a parte ma il tempo…
LR Sì, bisogna conoscere i diversi ritmi e i vari balli. Il pubblico deve orientarsi e questo specialmente serve ai giovani, perché è importante salvaguardare la tradizione. In questo senso posso dirti che nel periodo di Natale facciamo Parrandas…
Cioè?
LR- Significa che io organizzo una festa in casa mia. C’è chi suona il cuatro (NdA- strumento portoricano a corde simile al tres cubano), chi la chitarra, i bongos, le maracas ecc. e tutta la famiglia e gli amici partecipano come un grande coro. Una specie di guateque o musica Jibara (contadina) come si dice a Puerto Rico e che da altre parti chiamano rumbita. Questa festa continua spostandosi nelle case di altri, si mangia e si canta, si balla, si va avanti così fino alle sette del mattino seguente e si chiude la festa assaggiando la tipica sopa de pollo.
Parranda con diversi significati, religiosi o profani, che si sa quando comincia ma non quando finisce. Si sa invece che le conclusioni sono affidate al cibo, è così?
LR – Sì, questo è in sintesi il concetto ampio di parranda.
AB – Nel mio paese la parranda si chiama palo e il piatto principe che si mangia in quell’occasione per terminare la fiesta è il sancocho, che si prepara con yuca, platano, carne di maiale, tacchino o pollo, patate e tanti altri ingredienti. Ma per preparare un buon sancocho ci vuole un giorno intero e durante questo tempo gli invitati si divertono. Il sancocho è uno dei miei piatti preferiti, amo il mangiare della mia isola, ma da sempre mi piace moltissimo la pasta, que rica!
Già che siamo in cucina, il piatto preferito di Luisito qual è?
LR – A me piace arroz blanco con habichuela y chuleta(Riso bianco, fagioli e braciola) oppure arroz(riso), gandules (fagioli verdi) e pernil(cosciotto), pasteles (dolci tipici).
Sei sposato, hai figli?
LR – Sì, ho due figlie e adesso che sono piccole non amano la musica latina ma crescendo sono certo che cambieranno idea.
AB – Io sono single, ho un figlio di sei anni, canta ed è già entrato in studio di registrazione. Inoltre ha lavorato con me in palcoscenico di fronte a diecimila persone.. maravilloso!
La città più salsera degli Stati Uniti d’America?
AB e LR, d’accordo: New York, e poi Miami.
E il fenomeno economico- musicale che ruota attorno Gloria Estefan influisce sul vostro ambiente?
LR e AB, d’accordo: E’già diminuito moltissimo, e soprattutto conta a Miami. A New York sono sempre stati fedeli ad altri, al Gran Combo ecc.; la musica dell’Estefan & company piace nel sud della Florida.
Con la bacchetta magica, quali grandi musicisti sceglieresti per la tua orchestra ideale, la band dei tuoi sogni?
AB – Il pianista Ramon Orlando, Johnny Pacheco, Wilfrido Vargas, Fernandito Villalona, ma per primo Juan Luís Guerra e poi sono tanti…
LR – Per me questo sogno si è quasi realizzato. Ho avuto la fortuna di cantare dentro uno scenario straordinario assieme a Larry Harlow, Latin’s Legends of Fania. Io cantavo con Adalberto Santiago, Ismael Miranda, alle congas c’era Giovanni Hidalgo, ai timbales Nicky Marrero, Yomo Toro al cuatro, Sonny Bravo, Jimmy Bosch, Lewis Khan ….. Muchacho! Ho toccato il cielo con un dito. E’ bello vederlo in un video, ma stare lì assieme a quegli artisti è stato qualcosa da non credere, indimenticabile.
Carlos Santana cosa rappresenta per te?
AB – LR: Ha aiutato molta la crescita della musica latina, ma a parte questo è stato importante per l’essere latino, per la nostra cultura.
Negli Stati Uniti circa cinquanta milioni di latinoamericani aspettano di essere legalizzati. Secondo te è legittimo, è possibile dare la cittadinanza tutti?
LR – Dipende. Perché possono arrivare persone perbene e altri poco raccomandabili. Ma le opportunità devono essere offerte, anche se è difficile trovare risposte a tutto.
AB – Argomento molto delicato. Negli Usa c’è bisogno di questa gente, che fa lavori che gli statunitensi non vogliono più fare, come raccogliere cipolle o altri lavori umili. E’ un problema che va risolto anche se è difficile e crea conflitto tra gli stessi americani, che vedono i latinos come gente che ruba loro il lavoro, simile a quello cui tu accennavi prima, cioè tra una parte di italiani e gli extracomunitari.
Ma secondo te i latinoamericani sono ben accolti o vengono discriminati negli Usa?
LR – Sono accettati ma c’è sempre un po’ discriminazione.
AB – Io sono stato diverse volte negli Usa e ho visto discriminazione, guardano il latino con occhi diversi. In alcuni concerti ho notato che alcuni poliziotti trattano i latinos e gli afroamericani differentemente dagli altri cittadini statunitensi. Sinceramente, questo in Canada non succede, è una realtà multiculturale dove c’è più attenzione e rispetto per tutte le persone.
E per finire, la parola che ti piace di più e quella più grosera? che ti scappa.
LR – Mujer e sucio.
AB – Amor e coño.
Muchas gracias a todo el mundo!
Foto: M.T. Salomoni
Gianfranco Grilli
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