Un bel progetto artistico che attinge alla fonte della musica caraibica –
Cuba in testa – e rielaborato secondo i canoni della musica congo-zairese e
linguaggi estetici africani. Questo, in sintesi, è quanto propone Café Noir,
l’album di Antoine Nedule Monswet, in arte Papa Noel, ovvero Babbo
Natale, perché nato il 25 dicembre 1940. Nonostante la sua lunga carriera , per
molti di noi la domanda è più che legittima: chi è Papa Noel? Cantante e
chitarrista cresciuto a Brazzaville, discepolo di Antoine Wendo, il primo
musicista congolese ad incidere un disco e uno dei primi pionieri di ‘rumba’
africana (ma su questo tornerò nel corso della recensione). Papa Noel ha suonato
nelle migliori big band africane tra cui African Jazz , Rock a mambo, tutto nel
solco di quella musica congo-zairese che visse un’epoca d’oro a partire dal
1953, grazie a figure come Joseph Kabasele, Franco Luambo Makiadi e a tanti
altri giovani che mescolavano i linguaggi musicali africani con quelli
internazionali, dal jazz al cha cha cha, ma tutto in funzione del ballo.
Con questo disco Papa Noel, come molti altri musicisti hanno già fatto, in un
certo senso ammette il debito musicale con Cuba, maturato negli anni Cinquanta
quando i congolesi si ribellarono dicendo che la rumba era un loro genere e
riadattarono o copiarono grossolanamente i brani cubani. Al centro di questa
diatriba ci fu anche il leggendario chitarrista Franco che si infuriava quando
qualcuno gli faceva notare che la sua musica aveva ingredienti latinoamericani e
cercava di smentire con le parole e con la musica. Ora le cose sono cambiate e
c’è più dialogo tra questi mondi figli delle medesime origini, e questa
produzione lo conferma.
Quello che spicca subito in questo cd è il ruolo centrale dei musicisti cubani
(ben dieci) intervenuti in questo lavoro che canta e suona al ritmo dell’Isla
Grande, ma che registra anche belle incursioni tra gli stili musicali delle
Piccole Antille e del Sudamerica. Ma in primo piano il son (e non di rumba come
citato in molte tracce) che è il sale del progetto e che nelle varie tracce si
fonde con merengue, soukous, oppure con zouk, calypso e beguine, samba e rumba
africana. E’ bene ribadire ancora una volta (e non per pontificare), che la
rumba africana non ha nulla a che vedere con la tradizione cubana che
conosciamo. L’uso improprio del termine rumba in Africa risale agli anni
Cinquanta con le tournèe nel continente nero di Orchestre cubane come la Aragón
diretta dal violinista Rafael Lay e altre Charanga. E chi conosce un po’ di
questa storia musicale sa che queste band diffusero cha cha chá, pa’ca, guaracha,
guajra-son, conga-cha, bolero. Purtroppo tutto ciò venne classificato, per
ignoranza e/o esigenze commerciali degli africani, come rumba. Di qui le
confusioni che persistono ancora oggi.
E allora dopo questo lungo discorso, e me ne scuso, collocare il lavoro di Papa
Noel dentro uno stile non è facile. Genericamente suggerirei:
Pan-Afro-Latinmusic, ma è una mia interpretazione, discutibile, di quella musica
, che da qualche parte dobbiamo pur sistemare.
Ascoltando le prime due tracce del cd, e magari avendo la possibilità di
eliminare l’audio del canto, la memoria corre subito a Cuba, inebriati dal son
autentico delle trombe e dal sapiente tumbao del tres di Coto (Antonio Machin
Garcia) arricchito dal sacro ciclo ritmico della percussione cubana con alcune
sfumature africaneggianti. Due brani capaci di elettrizzare anche il più restio
ai passi base del son, ricchi di una tale energia che rischiano di farvi
dimenticare le altre otto interessanti tracce. Un invito particolare all’ascolto
della traccia 9- Soukous Son – per apprezzare il sax alto del mitico camerunese
‘makossa man’ Mano Dibango. Ma anche gli altri brani sono di ottima fattura.
Otto composizioni sono firmate dal vocalist e leader Papa Noel, due dal cantante
centrafricano Sultan Zembellat. Le parole cantate non sono banali ma parlano di
democrazia, libertà di espressione, diritti. La traccia 4 – ‘Salsa Africaine’- è
un omaggio e un invito a ballare salsa. Il refrain ricorda appunto: Ecoutez la
Salsa. Nella raccolta, tre brani sono strumentali: e qui viene fuori un bel
melting pot di sonorità e linguaggi universali.
Infatti, riascoltando più volte l’album e prestando maggiore attenzione ai
dettagli, vi renderete conto che siamo in presenza di un magico excursus
musicale tra i suoni di Cuba, Brasile, Guadalupa, Martinica, Santo Domingo,
Colombia , Congo, Zaire e tra lingue differenti, dallo spagnolo al francese,
oltre a lingue africane come lingala , wolof, sango.
Grazie alla Tumi Music per questa nuova pagina musicale, quasi tutta ballabile,
e anche per la bella veste grafica del cd.
Gian Franco Grilli
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