LA SANTERIA – Il Contesto storico

Se siete stati in vacanza a Cuba, avrà sicuramente visto per strada persone
completamente vestite di bianco, con un panno dello stesso colore sulla testa e
lunghe collane dai mille colori al collo. Se poi avete assistito a spettacoli
folklorici, avrete visto delle strane danze dai gesti apparentemente
incomprensibili, mentre vi aspettavate due vecchietti ballare un vecchio Son.
Per chi è poi stato in giro nei quartieri dell’Avana o di Santiago, gli sarà
capitato di sentire un rumore incessante di tamburi fuoriuscire da una casa e
tanta gente accalcata li intorno muoversi a ritmo di quelle percussioni. Quando
poi in Italia ascolterete il disco di salsa comprato dalla signora fuori la
caffetteria al centro di calle Obispo, sentirete inneggiare a Santa Barbara o
alla Vergine della Carità, oppure a personaggi dai nomi incomprensibili. Tutti
questi aspetti sono tipici della cultura popolare cubana e rientrano tra le
usanze e pratiche religiose di questo popolo, impropriamente chiamate Santeria.
Facciamo però attenzione a non confondere questi elementi con il folklore, in
quanto la Santeria è tuttora praticata da molti cubani ed i credenti sono la
grande maggioranza della popolazione. Ma per capire meglio tutto ciò è meglio
fare un passo indietro nei secoli.
L’isola di Cuba fu scoperta da Cristoforo Colombo e subito colonizzata dagli
spagnoli, che sterminarono completamente le popolazioni indigene. I coloni
costruirono subito città ed infrastrutture ma presto si pose il problema della
manodopera e si iniziò ad introdurre sull’isola schiavi africani appartenenti a
numerose tribù della costa della Nigeria e del Congo, i quali portarono
sull’isola insieme alla disperazione per la loro condizione, i loro usi e
costumi, le danze, la musica e quindi le religioni.
La chiesa, fortemente radicata nel tessuto sociale spagnolo, iniziò l’opera di
conversione di tutti questi schiavi, premendo sui padroni per la concessione
della domenica come giorno di riposo e di preghiera. Gli schiavi accettarono di
buon grado il giorno di riposo ed iniziarono pregare le nuove divinità (i santi
cattolici), che con il tempo furono confuse con le vecchie divinità africane,
per diventare così la stessa cosa.
In particolare gli schiavi misero a confronto i santi cattolici con i loro
Orishas e si resero conto che le differenze erano poche; Santa Barbara dominava
tuoni e fulmini cosi come Changò, San Lazzaro resuscitò ed aveva il corpo
ricoperto di piaghe cosi come Babalù Ayé e cosi via.
La domenica quindi, gli schiavi si riunivano per cantare e danzare alle divinità
nuove e vecchie che con il passare delle generazioni divennero la stessa cosa.
Arriviamo cosi alla fine dell’ottocento e precisamente al 1887, data in cui
venne abolita la schiavitù. I negri presenti a Cuba rappresentavano il trenta
percento della popolazione ed un’altra grande fetta è costituita dai creoli, i
nati a Cuba da unioni di bianchi e neri, i mulatti. Delle tante religioni giunte
dall’africa ne restano tre: la regla ocha dei Yoruba, palo monte dei Congo ed il
culto degli Abakuà. Gli abakuà sono gli appartenenti a tribù provenienti dal
Calabra, le ultime ad essere portate a Cuba ed il loro culto è improntato sullo
spirito massonico che ha creato non pochi problemi all’Avana; la regola di palo
monte ha un forte utilizzo di erbe medicinali e dai presunti poteri e per molti
aspetti si è fusa con la regla de Ocha e cioè il vero e proprio culto dei santi
(orishas), la santeria.
Agli occhi dei profani queste distinzioni possono sembrare prive di significato,
mentre per i conoscitori possono sembrare errate ed incomplete, ma servono per
dare un quadro generale, anche se generico della situazione attuale dei culti
presenti a Cuba.
Di tutti questi la regla de Ocha o anche culto degli Orishas è la più diffusa in
tuta l’isola; in quasi tutte le case cubane, specialmente di famiglie di colore,
dietro la porta d’ingresso si trova una statuina rappresentante un uomo con la
barba con un bastone, con ai piedi un cane e con un mantello ed un cappello
marroni e davanti una ciotolina con una caramella o un pezzettino di dolce.
In un’altra stanza troverete una vergine con un grande mantello giallo ricoperto
di oro ed ai suoi piedi una barca con due ragazzini neri.
Sono Elegua ed Ochun, due tra i tanti Orishas che i cubani rispettano, salutano,
festeggiano, pregano, amano e cantano.

BIBLIOGRAFIA
Los orishas en Cuba – Natalia Bolivar Arostegui
Los negros brujos – Fernando Ortiz

A CURA DI:
Giuseppe Lago
lago.giuseppe@tiscali.it

Giuseppe Lago

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