Isabel Allende ormai -si sa- non è più trendy e le sue ultime produzioni letterarie (“La figlia della fortuna” e “Ritratto in seppia”) hanno riscontrato un indice di vendita che non sfiorava neppure lontanamente il record raggiunto con “La casa degli spiriti” nel 1982-3. Eppure -sarò fuori moda- ma per me la Allende ha un fascino da scrittrice indistruttibile e irresistibile. E’ brava, è brava e basta, riconiosciamoglielo. La tacciano di essere ripetitiva. E’ vero, allora? In fondo è così per tutti, o quasi tutti. Perfino Gabriel Garcia Marquez non si esime dal cedere all’inevitabilità della ripetizione (cfr “Dell’amore e di altri demoni”, 1994) e -ricordiamolo- Marquez è la grande fucina di arte, fantasia e letteratura di molti artisti delle generazioni siccessive, Isabel Allende compresa. Finchè si trattava di inneggiare la scrittrice perchè era in vetta alle classifiche di vendita, tutti sono accorsi in libreria per entrare in possesso di una copia del suo prezioso romanzo. Poi magari non l’hanno neanche letta. Pazienza. C’è chi non ha mai aperto il libro ma ha ripiegato sul film, non certo uguagliabile all’opera scritta ma comunque superba prduzione con un cast ricchissimo. Raramente nella storia del cinema americano si incontra una combinazione di attori così azzeccata: dall’eterea e impalpabile Meryl Streep che interpreta Clara chiarissima, chiaroveggente, coi capelli biondissimi e lunghissimi, fatta di spirito e d’amore, quasi un fantasma, all’affascinante, testardo cattivo e conformista Jeremy Irons -che poi alla fine così cattivo e conformista non è! ma questo si scoprirà solo alla fine del libro, pardòn, del film- nella parte dell’irascibile Esteban Trueba, che tanto ci ricorda il capostipite dei Buendìa di Macondo. Poi Antonio Banderas, sempre bello, sempre così ibericamente passionale, che impersona il grande amore di Blanca, una ribelle, struggente, sensualissima Winona Rider.
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