AUGE, DECADENZA E RINASCITA DELLA MUSICA LATINA IN ITALIA

Tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio degli anni ‘60, un’Italia ancora
bigotta e bacchettona, scopriva il fascino di balli lascivi come il mambo, il
chachacha ed il samba. Uno straordinario successo, favorito dalle apparizioni
televisive di personaggi pittoreschi come Abbe Lane e Xavier Cugat e dall’uscita
di indimenticabili film come “La dolce vita”
di Federico Fellini, o come “Riso amaro” e “Mambo” interpretati dall’attrice
Silvana Mangano.
In quella l’epoca nei night club di casa nostra furoreggiavano le orchestre di
Renato Carosone, Marino Marini, Michelino, Bruno Martino, Don Marino Barretto.
Queste orchestre avevano in repertorio, oltre ai i classici del mambo e del
chachacha, anche molti brani latini, in particolare messicani e brasiliani.
Quelle stesse orchestre avevano, in quegli anni, portato al successo dei brani
originali o più semplicemente realizzato delle covers, capaci di scalare le hit
parades nostrane. Ricordiamo ad esempio la famosissima “Torero di
Carosone”,”Chachacha della segretaria” o “La pachanga” di Michelino, “Stu mambo
chachacha” di Marino Marini; “Con quelle gambe che chachacha” e “Dracula
chachacha” di Bruno Martino.
Come dimenticare poi l’opera del mitico Edoardo Vianello che proprio in quegli
anni allegri e spensierati aveva portato al successo diversi brani eseguiti a
ritmo di chachacha. Stiamo parlando di canzoni indimenticabili come
"Abbronzatissima"; "Con le pinne, il fucile e gli occhiali", "Il capello" e "La
Partita di pallone" (quest’ultima portata al successo da Rita Pavone.).

Sia la musica latino-americana che i balli di coppia, entrano irrimediabilmente
in crisi quando, negli anni ‘60, arrivano dall’Inghilterra le canzoni dei
Beatles e dei Rolling Stones. Il loro arrivo provoca anche una vera e propria
rivoluzione culturale e da quel momento in poi l’attenzione si sposta
soprattutto verso le produzioni discografiche provenienti in particolare
dall’Inghilterra.
In quello stesso periodo esplode il fenomeno beat che provoca la nascita in
Italia di molti complessi musicali e il contemporaneo successo di balli come lo
shake, capaci di distogliere le nuove generazioni dalle seduzioni del ballo di
coppia.
E’ proprio in quegli anni che la musica latino-americana conosce il suo periodo
di massima decadenza, al punto da subire un inspiegabile ostracismo da parte dei
mass-media. Un ostracismo che, negli anni successivi, la costringerà a
riciclarsi attraverso i classici stereotipi legati alla mulatta col copricapo di
frutta che balla al ritmo di samba o alla cubana, col suo gonnellino di banane,
che improvvisa due passi di chachacha.

Negli anni ‘80, il film “Saturday’s Night Fever” decreta l’avvento della
disco-music che riesce a sfrattare dalle nostre discoteche persino il vecchio
ballo del mattone.
A partire dagli anni ‘90, il vento comincia però a cambiare e i ballerini
italiani, stufi della ripetitività di generi musicali come l’house music e la
techno music, riscoprono il fascino di ritmi latini come il tango, la lambada,
il merengue e soprattutto la Salsa che riesce nel miracolo di sdoganare
nuovamente il ballo di coppia.
Il vero paradosso è che, nonostante la sua popolarità e la sua diffusione, in
tutti questi anni non c’è mai stato un successo discografico legato alla salsa
(come successo, ad esempio, nel caso della lambada). Ancora oggi la Salsa resta
più legata al ballo che alla Musica.
Sia i media televisivi che i giornali continuano a snobbarla e a non dargli la
giusta attenzione ritenendola più che altro un fatto di costume.

Molti sono stati gli artisti italiani che hanno strizzato l’occhio alla musica
latina (a cominciare dal nostro Sergio Caputo), così coem innumerevoli sono
state le produzioni più specificamente salsere.
Alcune di queste hanno avuto anche un buon successo nei nostri locali da ballo
ma nessuna di esse è riuscita a de entrare nelle hit parade o nella
programmazione delle più famose radio nazionali, cosa invece successa ad altri
generi musicali come il reggaeton o la bachata.

Probabilmente per il pubblico abituato alle sonorità del rock o della musica
pop, la Salsa all’inizio rimane un po’ ostica, di difficile comprensione anche a
livello ritmico (vista
la mancanza della batteria sostituita da una poliritmia ai più indecifrabile).

Normalmente, solo quelli che la sanno ballare finiscono con l’innamorarsi di lei
(collezionisti o dee jays nostrani esclusi).
Ci sarà in futuro una inversione di tendenza? I grandi media scopriranno
finalmente le magie della Salsa? Avremo finalmente, prossimamente, un brano
salsero ai primi posti delle classifiche di vendita?

A noi non resta che augurarcelo, anche perché come dice il refrain di una famosa
canzone di Ruben Blades “la vita di dà sorprese, sorprese ti dà la vita”

Enzo Conte

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