PERCHE’ ESISTONO MODI COSI’ DIVERSI DI BALLARE LA SALSA?

Tutti quelli che si avvicinano a questo meraviglioso ballo che noi chiamiamo
"Salsa" (e che i cubani più ortodossi continuano invece a chiamare “casino”)
rimangono sorpresi davanti alla sua libertà espressiva. Non esistono infatti dei
passi o delle figure standardizzate. Addirittura, come nel caso della Colombia,
ballerini di una regione ballano in maniera completamente diversa da quelli di
un’altra.
Questa intrinseca libertà ha fatto sì che negli anni intorno alla salsa si
scatenassero moltissime polemiche, dibattiti e controversie.
In realtà “non esiste una salsa per eccellenza”, ma diversi “stili di ballo”,
che però sarebbe più corretto considerare dei veri e propri “linguaggi
corporei”.
Bisogna inoltre tenere presente che oggi non si balla più come dieci anni fa
(nonostante che ci sia gente preoccupata a mantenere in vita le proprie
tradizioni) ma nemmeno come si ballerà probabilmente tra dieci anni.
Per meglio capire questo fenomeno dobbiamo prendere in considerazione quella che
io amo definire “la variante spazio-temporale”. Ovvero: “la salsa si è
modificata non solo attraverso il tempo, ma anche in base alla sua collocazione
geografica, modellandosi alla realtà di ogni singolo paese”.
Per noi occidentali, così razionali, così desiderosi di certezze e di verità
assolute, risulta difficile accettare questa variante. Ci piacerebbe, al
contrario, che la salsa fosse un ballo con una precisa identità, una cosa
rimasta immutata nel tempo, che fosse universalmente riconosciuta.
Questa libertà se da una parte ci affascina, dall’altra ci spiazza. Ci regala un
senso di smarrimento, se non addirittura di irritazione, ma più proseguiremo nel
nostro cammino, più ci renderemo conto di come la salsa sia “l’espressione
danzante di realtà sociali assai complesse e variegate”.
Dobbiamo infatti tenere presente che, alla base dei diversi linguaggi corporei o
dei diversi stili, ci sono anche differenti approcci al ballo a seconda se
parliamo di
1) Ballerini della strada (de la calle),
2) Ballerini amatoriali (de salon o de academia)
3) Ballerini professionisti (de show o de tarima)
Mentre i ballerini della strada ballano in maniera molto semplice, lo stesso non
si può dire dei ballerini amatoriali che apprendono a ballare nell’ambito di
un’accademia, magari proprio da quei ballerini professionisti che creano invece
degli stili personali o delle tendenze (imitate poi da altri) che finiamo un po’
superficialmente con l’identificare con la loro nazione di provenienza.

La salsa è di fatto una “libera espressione corporea” che affonda le radici
anche nel complesso sistema sociale di quei popoli che l’hanno generata oppure
successivamente adottata. Si vive, si balla, si usufruisce della musica e del
ballo in maniera diversa anche in base al contesto sociale al quale si
appartiene (la classe operaia o la borghesia, ad esempio, in paesi dove le
classi sociali ancora coesistono, talvolta in maniera drammatica).
Ogni comunità la vive, la sente e la interpreta alla sua maniera, grazie anche
ad un ricambio generazionale che ogni volta ne modifica le caratteristiche,
adattandole ai gusti e alle aspirazioni dei nuovi tempi.
Per capire bene questo fenomeno così complesso, bisogna di conseguenza scavare
nel sociale e non limitarsi solo al fatto tecnico o estetico. Soprattutto non
dobbiamo essere schiavi degli stereotipi, dei pregiudizi delle etichette o tanto
meno dei termini, perché i termini, tendono spesso a generalizzare situazioni
che sono invece molto complesse e sfaccettate.
Non a caso proprio il termine “SALSA” è per antonomasia un “termine aperto”, che
può avere significati diversi e che racchiude tanti ritmi, tanti modi di
ballare, tante storie, pur non essendo né un ritmo vero e proprio, né un ballo
codificato, né espressione di una unica società, tanto meno di un unico popolo.
E’ importante semmai sottolineare che la salsa non ha generato un nuovo ballo,
rappresenta semmai l’evoluzione di balli pre-esistenti. I ballerini dei luoghi
d’origine hanno preso dei passi o delle figure appartenenti ai loro balli
folklorici o dai balli da sala più in voga e li hanno adattati al ritmo della
clave.
Noi “pionieri” non abbiamo fatto altro che importare delle situazioni e dei
modelli provenienti direttamente dai luoghi d’origine. Luoghi che spesso si fa
l’errore di considerare un tutt’uno, quando invece sono diversissimi tra di
loro.
Oggi le nuove generazioni sono fortunate perché le moderne tecnologie permettono
loro di vedere all’opera stili di ballo o ballerini di differente nazionalità,
standosene comodamente sedute in poltrona. Una volta però non era così: in
passato la musica cubana arrivava magari in Colombia attraverso la radio, ma con
essa non arrivava il modo in cui i cubani ballavano, ad esempio, il son. Era
inevitabile, quindi, che i ballerini locali finissero con l’inventarsi o
elaborare una loro maniera interpretativa, attingendo a passi e figure del
proprio folklore.
Si tratta di quel fenomeno che lo studioso cubano Fernando Ortíz ha
felicemente battezzato: TRANSCULTURACION. Un fenomeno che ci spiega
ampiamente perché dello stesso ballo o della stessa musica si possono avere
delle interpretazioni diverse a latitudini diverse. Di conseguenza sarà sempre
il nostro peculiare modo di essere, il nostro vissuto, l’appartenenza ad una
classe sociale o i modelli che sposeremo a farci interpretare la salsa in una
maniera noi più congeniale.

Enzo Conte

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