LA CRISI DELLA CREATIVITA’ COME CONSEGUENZA DEL CROLLO DEL MERCATO DISCOGRAFICO

“La salsa è morta o più viva che mai?”
La Salsa, come osservavo nel mio precedente articolo La Salsa è morta o è
più viva che mai?
, non è mai stata popolare come in questi anni. Negli anni
del suo boom creativo era popolare solo nei Caraibi ed in America Latina mentre
oggi, attraverso un processo di globalizzazione, si suona e si balla Salsa in
ogni angolo del Mondo, persino in paesi tanto lontani come Russia, India, Cina e
Giappone.
Oggi ad essere in crisi non è tanto l’attività concertistica (soprattutto in
paesi come Colombia e a Puerto Rico), ad essere veramente alla frutta è il
mercato discografico.
Per comprendere questa crisi è necessario però inserirla in un contesto
mondiale. C’è stato un tempo in cui i dischi si vendevano come il pane. Negli
anni ‘60 un 45 giri di successo arrivava a vendere tranquillamente un milione di
copie. Era l’epoca dei mangiadischi, delle feste in casa; l’epoca in cui la
musica aveva un effetto sacrale, quasi ipnotico sulle nuove generazioni.
Negli anni ‘70, con la nascita dei primi impianti di alta fedeltà e la
esplosione delle radio libere, il 45 giri ha cominciato a perdere la sua
popolarità. L’attenzione del pubblico si è così progressivamente spostata sui 33
giri, che si sono trasformati di colpo in un vero e proprio oggetto di culto.
La nascita, prima delle cassette registrabili e poi dei cd masterizzabili, ha
inesorabilmente visto svanire quell’epoca d’oro, al punto che oggi, nonostante
il bombardamento musicale a cui siamo sottoposti, il mercato discografico è
arrivato ai suoi minimi storici. L’avvento di Internet e la conseguente
possibilità di scaricare musica gratis ha dato il definitivo colpo di grazia.
A beneficiarne apparentemente è stato il pubblico. Di fatto ha decretato la
morte del mercato discografico, tarpando le ali al potenziale espressivo degli
artisti, in particolare quelli emergenti.

A Puerto Rico, questa crisi del mercato discografico è dimostrata dalla chiusura
di molte case discografiche (in passato concentrate soprattutto nel quartiere di
Santurce, esattamente nella Calle Cerra), ma anche da alcune catene di negozi
come La Casa de Los Tapes e La Grande Discoteca.
Succede così che, nell’isla del encanto le più famose orchestre di salsa sono
ancora oggi in piena attività ma solo poche hanno un contratto discografico. Non
sorprende, dunque, se la maggior parte delle produzioni musicali arrivano oggi
da Cuba, mentre molto poco si produce sulla rotta San Juan-New York.

In realtà nemmeno a Cuba esiste un florido mercato discografico, ma per il
musicista cubano ogni nuovo cd rappresenta, se non altro, una maniera per
promuovere il proprio lavoro all’estero. Le orchestre cubane infatti non
sopravvivono grazie alla vendita dei loro lavori discografici, ma grazie agli
innumerevoli concerti che tengono nel Vecchio Continente (in particolare in
Italia).
Questo fenomeno non succede con i gruppi di New York e Puerto Rico, anche in
considerazione dei loro cachet molto più alti. Di conseguenza assai limitata è
la loro attività concertistica in Europa. Succede così che molti musicisti
portoricani, in mancanza di introiti sicuri, appendono lo strumento al chiodo e
magari si mettono a vendere macchine o elettrodomestici. Alla fine chi ci
rimette è la musica e la possibilità di esplorare nuovi orizzonti.

Oggi sempre più persone si lamentano del fatto che nel mondo della salsa non ci
sia più creatività e che la musica del passato è decisamente migliore di quella
attuale. Credo però, come ho appunto cercato di spiegare in questo mio articolo,
che non sia un fenomeno limitato alla salsa ma alla musica in generale.
La creatività è anche conseguenza delle opportunità di lavoro che un artista ha.
Una volta, ad esempio, c’erano molte orchestre di salsa perché essendoci molte
sale da ballo c’era bisogno di molti cantanti e musicisti ed anche gli
arrangiatori ed i turnisti più bravi erano richiestissimi in sala d’incisione.

Adesso la maggior parte dei musicisti e dei cantanti devono fare un altro lavoro
per sopravvivere…

Vi siete però mai chiesti perché oggi non esistono più pittori come
Michelangelo, Leonardo da Vinci o Raffaello?
Certamente i tempi sono cambiati ed oggi ci sono altri stili di pittura, ma
quante chiese danno lavoro ai novelli pittori?…
Se la gente non acquista più musica ma la scarica gratuitamente, è chiaro che
poi le case discografiche non sono più invogliate ad investire nei giovani
artisti che, a loro volta, hanno come (succede ormai dappertutto e non solo in
Italia) unico sbocco professionale quello dei Talent Show.
La conseguenza di tutto ciò è: meno lavoro= meno orchestre, meno musicisti, meno
cantanti, meno creatività…

Quando ho cominciato a suonare io negli anni ’70, erano tantissimi i ragazzi che
abbracciavano uno strumento con la voglia non solo di dare sfogo alla propria
creatività ma anche con la segreta speranza di emulare le gesta dei mitici
Beatles o dei Rolling Stones oppure di un Cortijo o di un Tito Puente.
Oggi, anche nei Caraibi ed in America Latina, i giovani sono più attratti dalle
play stations che dagli strumenti musicali e, lasciatemelo dire, non è
sicuramente un buon segno…

Enzo Conte

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